L’estate spinge a riprendere scarpette e cardiofrequenzimetro per rimettersi in pista, anche per arrivare preparati alla fatidica prova costume. E allo stesso tempo le prime piogge d’agosto fanno piombare il runner appassionato in una sorta di fase di disamoramento. (Scopri di più su: Generatività.it)
  • di Luca Grion
Ci sono degli accorgimenti da tener presenti per evitare questo effetto elastico, come spiega Luca Grion, docente di Filosofia morale del Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale all’Istituto Jacques Maritain, presidente del Centro Studi Jacques Maritain e direttore della Spes, Scuola di Politica ed Etica Sociale.

Non di rado il periodo estivo rappresenta l’occasione per scoprire, o riscoprire, il piacere dell’attività fisica.

Non sono pochi, ad esempio, quelli che decidono di infilarsi le scarpe ai piedi e d’iniziare a correre. Guardando a un fenomeno sempre più diffuso c’è (addirittura) chi parla di una “running mania”.

I motivi che spingono così tante persone a preferire sudore e fatica alla comodità del divano possono essere i più vari: contrastare gli effetti indesiderati di una vita sedentaria, rimettersi in forma, ritagliarsi spazi di solitudine o, al contrario, occasioni per socializzare e stare in compagnia. Quando, però, le prime piogge d’agosto lasciano presagire l’avvicinarsi di giornate apparentemente meno propizie all’esercizio all’aria aperta, l’entusiasmo inizia a vacillare e diventa importante saper puntellare le nostre buone intenzioni iniziali.

Tanto il medico, attento alla salute del nostro fisico, quanto lo psicologo, sensibile all’equilibrio della nostra psiche, saprebbero suggerirci valide ragioni per perseverare. Parafrasando Dan Peterson e il suo celebre spot degli anni Ottanta, potremmo dire che la corsa fa bene al cuore e alla testa di chi la pratica. Io, però, non appartengo a nessuna di queste due categorie professionali; mi limiterò quindi a condividere alcune piccole lezioni che la corsa mi ha regalato e che, personalmente, mi invogliano a continuare.

Innanzi tutto ho imparato che la motivazione va alimentata con costanza, nutrendo il desiderio di piccole sfide che ne sorreggano lo slancio. Questa, in fondo, è l’anima dello sport: un mettersi volutamente alla prova per vedere se siamo capaci di vincere la sfida con noi stessi, prima che con gli altri. Un invito a confrontarci a viso aperto coi nostri limiti, godendo nello scoprirci migliori di quanto pensavamo d’essere ma, al tempo stesso, disposti ad accettare con umiltà le nostre fragilità. A dispetto dalla vulgata del “no limits”, infatti, i limiti non sono tanto frontiere da superare ma, piuttosto, confini da esplorare.

La seconda lezione consiste nel valore della fatica. Quando mettiamo nel mirino un obiettivo ambizioso, sia esso arrivare al termine di una dieci chilometri o chiudere una maratona sotto le tre ore, sappiamo che dovremo sudarcelo, mettendo in conto sacrifici e rinunce quali prezzo ragionevole del nostro auspicato successo. I risultati importanti, del resto, non sono mai gratis. Una lezione forse banale, ma assai preziosa se impariamo a trasferirla nell’ambito delle relazioni amicali e affettive, della maturazione della nostra vocazione professionale, della conquista di ciò che più ci sta a cuore. Ciò che vale davvero richiede impegno, pazienza e attesa.

La terza lezione ha a che fare con il meteo. Il runner non aspetta il bel tempo per correre; anche se il clima non è dei migliori esce ugualmente scorgendo in quella difficoltà una sfida.Accettando ciò che non può scegliere egli accoglie il presente per quello che è, anche quando non corrisponde esattamente ai suoi desideri. Una grande lezione per la vita. Quante volte, infatti, non siamo capaci di affrontare con serenità l’ordinaria varietà del nostro quotidiano; quante volte siamo tentati dall’idea che il meglio ci attenda sempre in un altrove, dove il clima è perfetto e tutto è più facile e confortevole.

Quanto migliori sarebbero le nostre vite se riuscissimo a scorgere anche nelle “brutte giornate” le “giornate giuste” per essere pienamente noi stessi.

La quarta lezione ha a che fare con il ritmo. Quando si corre ciascuno deve trovare la propria andatura ideale, soprattutto se si intende stare a lungo sulle gambe. Non bisogna esagerare quando si è freschi e tutto sembra facile; non bisogna arrendersi quando la fatica inizia a farsi sentire e verrebbe voglia di gettare la spugna. Il ritmo giusto è una questione di equilibrio e, una volta trovato, va custodito con saggezza. Anche nella vita, in fondo, il segreto del successo è una questione di ritmo.

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