La soluzione alla deglobalizzazione è il rafforzamento del senso di comunità europeo. Per sopravvivere alla Brexit e al nazionalismo di Trump, il Vecchio Continente deve rinforzare le sue fondamenta di civiltà e di sostenibilità. (Scopri dipiù su: UfficioStampa.Provincia.TN.it)

Harold James, docente di Storia e Affari internazionali alla Princeton University, domenica pomeriggio, in un palazzo Geremia da tutto esaurito, ha analizzato l'attuale scenario internazionale, stimolato dalle domande di Armando Massarenti, giornalista del "Sole 24Ore".

Come dovrebbe reagire l'Europa all'addio del Regno Unito e all'ostilità degli Stati Uniti, paesi protagonisti e fondatori dell'attuale ordine politico mondiale? Secondo lo storico dell'economia Harold James, gli europei, per sopravvivere, dovrebbero puntare a ridurre le distanze interne. "Serve cooperazione sulle politiche migratorie, più collaborazione sul mercato dell'energia. Il Parlamento europeo deve far sentire di più la sua voce. Ci sono delle potenzialità da sfruttare".

In quest'ottica si può prendere spunto dalla Cina che, secondo l'economista, ha seguito un percorso interessante: ha criticato l'individualismo, mettendo al centro la comunità, rafforzando le basi comuni. "Anche all'Europa serve una solidarietà civica, solo così si possono costruire fondamenta forti contro il processo di nazionalizzazione violenta".

Un altro fattore della deglobalizzazione riguarda le restrizioni all'immigrazione e proprio in quest'ambito il Regno Unito è andato incontro a un controsenso, messo puntualmente in luce da James. "La premier Theresa May ha insistito molto sui blocchi dei migranti, ma dall'altra si è impegnata anche a intervenire sugli alti costi abitativi del Paese. La soluzione a questo problema però sarebbe costruire di più, ma l'edilizia si basa su maestranze straniere. Stessa cosa per il servizio sanitario, dove senza gli immigrati ci sarebbe un collasso perché molte professioni sono legate ai flussi in entrata".

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