Il 18 giugno scorso il Senato ha approvato l'emendamento del governo al decreto sicurezza che prevede la possibilità di impiego delle Forze Armate, per le situazioni di emergenza nelle città. Il Ministro della difesa La Russa ha dichiarato che "L'obiettivo è quello di tutelare meglio la sicurezza dei cittadini".
Ricordiamo che nel nostro apparato democratico la funzione dell'esercito è quella della difesa, non della tutela dell'ordine pubblico, per la quale non dispone neppure dell'organizzazione e degli strumenti idonei. Ci chiediamo allora a cosa serva questa invasione militare dei nostri territori, e quale sia il nemico da combattere. Come ha dichiarato il Cardinale Tettamanzi qualche giorno fa a Milano: "militarizzare le città serve solo ad aumentare il senso di smarrimento e la paura, perché la paura non passa per decreto legge"
Il 13 giugno è stato varato lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia. In seguito è arrivata la proposta del ministro dell'interno Roberto Maroni di rilevare le impronte digitali anche dei minori rom, in deroga alle attuali norme che vietano tale pratica per i minori.
Nei prossimi giorni il premier Berlusconi andrà ad incontrare il colonnello Gheddafi a Tripoli, per discutere del pattugliamento congiunto delle acque di frontiera tra Italia e Libia, che garantirebbe la diminuzione di sbarchi di clandestini sulle coste italiane, bloccandoli in Libia, paese di transito delle rotte dei migranti provenienti dall'Africa. Buona parte del sistema di controllo dovrebbe essere finanziato dal nostro governo. Siamo consapevoli che stiamo consegnando degli esseri umani a un paese che, secondo le denunce di Human rights watch e della Missione Tecnica in Libia dell'Unione Europea del 2004 pratica arresti arbitrari, deportazioni collettive e torture nei centri di detenzione per stranieri (tre dei quali finanziati dall'Italia.)?
"Siamo allarmati e sconcertati - dichiara Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. - Ci sembra che tutte queste misure convergano verso un'unica direzione: utilizzare la forza contro le persone che non hanno possibilità di difendersi, fomentando un clima di ostilità e sospetto verso i più poveri.
La storia ci insegna che legittimando la violenza si rende sempre più difficile la convivenza. Nella nostra esperienza, che ci vede da anni al fianco degli ultimi, i più deboli e diseredati, possiamo affermare che solo la conoscenza, il dialogo, la condivisione con l'altro abbatte i muri e le paure, e questa è l'unica strada per garantire la sicurezza. Insieme a politiche di apertura, tolleranza e collaborazione reale, che non possono prescindere da un'assunzione di responsabilità da parte nostra rispetto al ruolo dell'Occidente nell'impoverimento dei paesi cd del terzo mondo"
L'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII opera da 40 anni nei diversi aspetti del disagio e dell'emarginazione sociale, con circa 500 strutture di accoglienza in Italia e in numerosi paesi esteri.
Responsabile Dell'Associazione Papa Giovanni XXIII
Dott. Giovanni Paolo Ramonda
info animatore Giustizia Internazionale
Sandra Talacci 248-4766888