Quasi due milioni di rifugiati iracheni, fuggiti per evitare di essere assassinati, rapiti o sottoposti a maltrattamenti e torture, si trovano oggi in Giordania e Siria. Nel Mediterraneo, richiedenti asilo e migranti continuano a morire nel disperato tentativo di raggiungere l'Europa. Questi sono solo due dei molti problemi riguardanti i rifugiati che il mondo è chiamato ad affrontare.
Contemporaneamente e senza clamore, le porte per i rifugiati si chiudono. Il governo giordano e quello siriano hanno imposto restrizioni all'ingresso dei rifugiati iracheni, mentre la Svezia, il paese europeo che ne ospita il maggior numero, ha cambiato atteggiamento e li sta rimpatriando verso zone estremamente pericolose dell'Iraq. Nella regione mediterranea, paesi come la Spagna e l'Italia sono coinvolti in piani d'intercettamento e di pattugliamento congiunto dell'immigrazione insieme a paesi dell'Africa settentrionale e occidentale: in questo modo, le persone possono essere rimandate indietro, esattamente nelle situazioni terribili da cui cercano disperatamente di fuggire.
I rifugiati iracheni in Giordania e Siria hanno immediato bisogno di assistenza internazionale, ma i fondi destinati alle agenzie dell'Onu che si occupano di loro risultano inadeguati. A maggio, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha nuovamente chiesto di colmare la mancanza di 127 milioni di dollari, senza i quali i programmi di assistenza sanitaria e alimentare in Iraq sarebbero stati ridotti, spingendo altri iracheni nell'indigenza assoluta e aumentando le probabilità di più elevati tassi di malnutrizione e dell'aumento del lavoro minorile.
Sono 147 gli Stati parte della Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato o del suo Protocollo, i principali strumenti del diritto internazionale per la protezione dei rifugiati.
Amnesty International chiede ai governi di assicurare che la loro azione e le politiche da essi adottate non pregiudichino la protezione offerta dalla Convenzione e da altri strumenti internazionali. Secondo l'organizzazione per i diritti umani, inoltre, gli Stati non solo dovrebbero proteggere i diritti dei rifugiati all'interno della propria giurisdizione, ma dovrebbero anche aiutare altri paesi nei quali il numero dei rifugiati ha assunto grandi dimensioni.
Amnesty International chiede all'Unione europea di rispettare interamente i suoi obblighi nei confronti dei rifugiati, assicurando che i controlli alle sue frontiere non costringano, direttamente o indirettamente, i richiedenti asilo a rientrare nei paesi di transito, in cui potrebbero andare incontro ad arresti arbitrari, espulsioni collettive o rimpatri verso paesi, come quelli dell'Africa settentrionale e occidentale, dove rischierebbero la tortura o l'abbandono nel deserto, senza acqua né cibo.
L'organizzazione per i diritti umani chiede all'Unione europea di assicurare anche che, nello sviluppo di un sistema comune in materia d'asilo, tutti i richiedenti asilo sotto la giurisdizione degli Stati membri abbiano accesso a una procedura d'asilo equa e soddisfacente a prescindere dal paese d'origine o di transito, e che sia posta fine a procedure accelerate, che risultano inadeguate.
Amnesty International sollecita gli Stati a puntare maggiormente sul reinsediamento, che è uno dei mezzi con cui può essere esercitata la responsabilità comune di assistere gli Stati che ricevono rifugiati e può essere fornita a questi ultimi una soluzione durevole. Per molti rifugiati, il reinsediamento è l'unico modo per avere accesso a diritti umani fondamentali come l'educazione, le cure mediche e un'abitazione dignitosa. Lo stesso vale per i rifugiati ammalati, diversamente abili o traumatizzati dalla propria esperienza, che possono non trovare adeguata assistenza nei paesi di asilo.
Sono nove i paesi tradizionalmente all'avanguardia nei programmi di reinsediamento, cui si sono recentemente aggiunti paesi in via di sviluppo come Brasile, Burkina Faso e Cile, che hanno iniziato a reinsediare piccoli gruppi di rifugiati. Amnesty International chiede ad altri Stati di aggiungersi all'elenco.
Infine, Amnesty International sollecita gli Stati a collaborare con l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, per sviluppare modalità efficaci di condivisione delle responsabilità in caso di ampi arrivi di rifugiati.
La risposta a questo tragico problema non può essere quella di respingere la sofferenza umana e voltare le spalle a persone che si trovano in circostanze drammatiche. La risposta dev'essere quella di assumere maggiori responsabilità, rispetto a un problema globale, trovando un modo globale per risolverlo.
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