Un fenomeno che si può combattere e sradicare agendo su più livelli: con incisive politiche e interventi di riduzione della povertà, assicurando adeguata protezione ai minori vittime di sfruttamento lavorativo, garantendo ai minori costretti a lavorare accesso ad un'educazione flessibile e gratuita che permetta loro di affrancarsi dalla condizione di sfruttamento e di costruirsi un futuro diverso.
E' quanto sostiene e raccomanda Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e promozione dei diritti dei bambini alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile.
"La povertà è spesso la causa principale del lavoro dei minori ed è chiaro come molti giovani siano costretti a lavorare per contribuire al loro sostegno e a quello della propria famiglia", commenta Fosca Nomis, Responsabile Campagne e Advocacy di Save the Children Italia. "A ciò si aggiunge l'impossibilità di accedere ad un'istruzione scolastica adeguata. In molti casi i ragazzi e le ragazze finiscono con il lavorare perché non ci sono scuole da frequentare o perché il sistema educativo non è di qualità e in grado di dare risposte alle loro necessità di sopravvivenza". Inoltre, prosegue Fosca Nomis, "l'impreparazione degli insegnanti e gli abusi commessi da alcuni di essi all'interno delle scuole sono ulteriori fattori che contribuiscono a fare sì che i ragazzi e le loro famiglie considerino il lavoro una valida alternativa all'educazione". "E' assolutamente necessario rendere i sistemi scolastici flessibili, accessibili e gratuiti. In questo modo", commenta ancora Fosca Nomis, "molti ragazzi saranno messi nelle condizioni di frequentare la scuola e,. grazie all'istruzione, di costruirsi una prospettiva di vita diversa e migliore".
Si stima che siano 165 milioni fra i 5 e i 14 anni i minori lavoratori (nota1). Molti di essi sono coinvolti in lavori pericolosi e nocivi. In particolare decine di milioni di bambini lavorano nei campi, spesso esposti al rischio derivante dai pesticidi. 5,7 milioni vengono forzati al lavoro per estinguere un debito (bonded labour), 1,8 milioni sono coinvolti nel giro della prostituzione e della pornografia, circa 1,2 milioni sono vittime del traffico di minori. 250.000, di cui il 40% bambine, sono impiegati come bambini-soldato. Molti altri ragazzi in età lavorativa subiscono ogni giorno violenze sul posto di lavoro, commesse per lo più dai loro datori di lavoro o colleghi.
Anche in Italia vi sono bambini e adolescenti coinvolti in gravi forme di lavoro coatto, come la tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Fra il 2000 e il 2006, sono stati 619 i minori vittime di tratta ma le cifre sono notevolmente sottostimate perché relative solo a quei minori inseriti in Progetti di assistenza e integrazione sociale.
"Per milioni di minori, purtroppo, il lavoro può trasformarsi in una forma vera e propria di schiavitù", continua la Responsabile Campagne e Advocacy di Save the Children Italia. "Bambini trattati come oggetti, venduti dai loro proprietari e costretti a vivere in condizioni terribili. A tutela di questi bambini, è necessario prima di tutto perseguire coloro che li sfruttano. Quindi promuovere e prevedere programmi di protezione, recupero e riabilitazione che diano aiuto e supporto ai minori che sono sfruttati e ridotti in schivitù. Inoltre", prosegue Fosca Nomis, "è necessario implementare gli standard internazionali sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile. L'Italia, in particolare, deve adottare un piano d'azione per monitorare e combattere il fenomeno, secondo quanto previsto dalla Convenzione Ilo 182 contro le peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile. Infine", conclude Fosca Nomis, "è necessario assicurare a tutti i minori vittime di tali forme di violenza e coercizione, l'accesso ad un'educazione flessibile e gratuita che li aiuti ad affrancarsi da queste situazioni. Save the Children, per esempio, porta avanti corsi di apprendimento rapido e corsi di educazione informale per minori lavoratori in Guatemala, Afghanistan, Uganda, o per ex bambini soldato, per esempio nella Repubblica Democratica del Congo, in Liberia e Sierra Leone".
nota1) Fonte: Rapporto Ilo 2008
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