Lo affermano 13 accademie delle scienze di tutto il mondo in un appello ai politici del prossimo G8, e lo ribadisce anche l'Onu, che ha ridisegnato l'atlante dell'Africa tenendo conto dei suoi effetti già devastanti. Il riscaldamento globale è già in atto, e bisogna contrastarlo con nuove politiche 'a basso contenuto di carbonio'. L'appello degli scienziati dei paesi del G8 più quelli di India, Cina, Brasile, Sud Africa e Messico sarà presentato al prossimo summit degli otto grandi che si terrà nell'isola di Hokkaido, in Giappone, dal 7 al 9 luglio. Tra le firme anche quella dell'accademia dei Lincei italiana: "Già da quattro anni qualche mese prima del G8 i rappresentanti delle accademie si riuniscono per discutere di temi scientifici da portare all'attenzione della politica - spiega Lamberto Maffei, vicepresidente dell'Accademia - anche quest'anno abbiamo scelto gli effetti sul clima delle attività umane.
Il documento viene presentato dall'accademia ospitante al proprio governo, che poi lo trasmette agli altri". Nel documento si chiede ai politici di adottare un approccio strategico 'basato sui principi di uno sviluppo sostenibile', che preveda anche l'abbandono delle fonti di energia fossili in favore delle rinnovabili e del nucleare:"Il nucleare fa parte delle opzioni a disposizione, e non si può ignorare - continua Maffei - inoltre è importante oltre alla ricerca continua per migliorare l'efficienza delle fonti 'pulite' anche impegnarsi nell'educazione all'efficienza e al risparmio".
E gli effetti del riscaldamento globale si vedono già: l'area del mondo più colpita, nonostante sia quella con il minore aumento della temperatura e soprattutto produca solo il 4% dei gas serra del pianeta è l'Africa. Lo testimonia il nuovo atlante preparato dall'Unep, l'agenzia Onu per la protezione ambientale, presentato alla conferenza dei ministri africani (Amcen) in corso a Johannesburg, in Sud Africa. Attraverso centinaia di foto satellitari fatte su 100 siti importantissimi dal puntio di vista ecologico il rapporto mostra il 'prima e il dopo' degli ultimi 35 anni, e i risultati sono inequivocabili: dalle foto emerge anche che ogni anno l'Africa perde quattro milioni di ettari di foreste, il doppio della media mondiale, e per quanto riguarda i singoli siti, stanno scomparendo ad esempio i ghiacciai dell'Uganda, che hanno perso il 50% della superficie, mentre l'urbanizzazione sta 'mangiando' aree verdi enormi in Senegal.
"I modelli climatici prevedono grossi cambiamenti nelle precipitazioni del continente - si legge nel rapporto - che potrebbero portare ad un aumento delle carestie e della desertificazione, che l'Africa non ha i mezzi tecnologici per affrontare". Un piccolo aiuto il pianeta potrebbe però darselo 'da solo': secondo i dati del Ghcn (Global Historical Climatology Network), la rete mondiale di stazioni per il monitoraggio del clima, segnalati dal meteorologo Mario Giuliacci, nel periodo gennaio-maggio del 2008, il surriscaldamento del pianeta è stato il più basso degli ultimi 15 anni, dopo quello del 1996, e nel maggio di quest'anno la medio-bassa troposfera (1-8 km ) si è addirittura raffreddata di 0.2-0.3 gradi, a causa degli effetti della corrente La Nina.