Roma, 10 giugno 2008 - La Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha partecipato oggi all'assemblea annuale dei soci dell'ENI, dando avvio e concretezza ad una campagna di azionariato critico, lanciata a gennaio scorso. Obiettivo? Portare le campagne di denuncia delle organizzazioni non governative all'attenzione di azionisti, investitori istituzionali e vertici dei grandi gruppi industriali e promuovere anche in Italia un meccanismo di democrazia economica che favorisca la partecipazione degli azionisti alla vita dell'impresa.

L'acquisto di azioni della compagnia petrolifera italiana, voluto dalla Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM), permetterà di esprimere all'ENI alcune critiche sulla passata gestione e rivolgere l'invito al futuro CdA di rivedere alcune linee strategiche dell'azienda.
L'intervento della Fondazione si è concentrato sugli investimenti dell'ENI in Nigeria e Kazakistan, sia per la dimensione degli impatti, sia perché, essendo tra i più recenti, lasciano ancora aperta la possibilità di un intervento del CdA entrante per un cambiamento di rotta.

Nel paese africano l'ENI partecipa allo sfruttamento di diversi giacimenti petroliferi nella regione del Delta del Niger, dove il gas flaring, uno dei fenomeni più nocivi per l'ambiente e le popolazioni locali, è prassi. Il gas flaring diffonde nell'aria tossine inquinanti come il benzene, accusato di provocare l'aumento di tumori e di malattie respiratorie tra la popolazione; inoltre, contribuisce massicciamente al rilascio di gas serra, con gravi impatti sui cambiamenti climatici. Sul sito dell'ENI si legge che "i progetti di valorizzazione del gas prevedono l'eliminazione della pratica del flaring entro maggio 2012 in Congo ed entro il 2011 in Nigeria".

Considerando che in Nigeria questa pratica è illegale da quasi 25 anni, la Fondazione chiede al prossimo CdA quali garanzie e quali passi concreti ENI ha adottato per garantire la fine di ogni operazione di gas flaring nel più breve tempo possibile.

In Kazakistan la compagnia è l'operatore di Kashagan, il più grande giacimento non ancora esplorato scoperto negli ultimi trent'anni, e si occupa della costruzione degli impianti offshore e su terra e della gestione delle emissioni e dello stoccaggio dello zolfo. Sono diverse le condizioni che rendono molto complesso il compito per ENI, aumentando i costi del progetto ma soprattutto il potenziale rischio finanziario collegato.

La struttura geologica dello giacimento, l'alta percentuale di solfati (16-20%), il fatto che Kashagan si trovi a oltre 5.000 metri sotto il fondo del mare, in un'area dove il Caspio è profondo solamente tra i 2 e i 4 metri e quasi interamente gelato tra novembre e marzo, rappresentano solo alcune delle difficoltà legate allo sfruttamento del giacimento.

A fronte di tutte queste criticità, che hanno causato un considerevole slittamento della tabella di marcia dei lavori, è sorprendente come non siano ancora pubblici gli studi di impatto sulla salute pubblica, i piani per lo stoccaggio dello zolfo e per la gestione delle emissioni e la valutazione di impatto ambientale. Senza una soluzione sostenibile per la gestione di Kashagan, la fase di costruzione potrebbe slittare ancora, con conseguenze finanziarie importanti per gli investitori.

"Abbiamo intenzione di domandare al nuovo CdA se pensa che i progetti di ENI in Nigeria e Kazakistan siano in linea con la RSI della compagnia, e con le dichiarazioni e le campagne pubblicitarie sul risparmio energetico, a partire da "meno 30%", che la compagnia conduce in Italia" ha dichiarato Ugo Biggeri, presidente della Fondazione Culturale di Banca Etica.

Il documento completo lasciato agli atti dell'assemblea è scaricabile ai seguenti indirizzi: www.crbm.org www.osservatoriofinanza.it  

Per maggiori informazioni:
Fondazione Culturale Responsabilità Etica:
Andrea Baranes - baranes.fondazione@bancaetica.org
Cell. 339.6312613

Campagna per la Riforma della Banca Mondiale
Luca Manes - lmanes@crbm.org  

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