Venerdì sono stati invece spostati in un'area a Tor Vergata, priva di acqua potabile, come "soluzione temporanea in attesa di un incontro con l'amministrazione".

Intanto a Milano è iniziato il "censimento" dei rom presenti nell'area metropolitana, deciso dal Commissario straordinario per l'emergenza rom, il Prefetto Lombardi. Primo atto la schedatura degli abitanti del "campo" di via Impastato. All'alba del 6 giugno, una cinquantina tra agenti della Questura, della Polizia municipale e Carabinieri ha bloccato il "campo", impedendo ai presenti di allontanarsi e procedendo all'acquisizione e alla copiatura dei documenti, normalissime carte di identità rilasciate dal Comune di Milano. Il "campo", infatti, in piena regola, è abitato da 35 persone, tutti cittadini italiani da generazioni e residenti a Milano da decenni.
Per "schedarli" sarebbe stato sufficiente consultare il computer dell'anagrafe.

Pochi giorni prima, a Mestre alcuni esponenti della Lega Nord hanno fatto irruzione in un cantiere per la costruzione di un campo nomadi attrezzato, finanziato dal Comune con 2.800.000 euro. La decisione di istituire il campo risale al 1997, è stata approvata da tutti gli organismi di quartiere e la richiesta di sospensiva è stata rigettata dal Tar. I leghisti sono entrati nel cantiere, alcuni di loro si sono incatenati per bloccarne i lavori, protestando contro la destinazione del sito a una comunità di Sinti da anni residente nel Comune e cittadini veneziani a tutti gli effetti. La protesta, iniziata il 3 giugno è andata avanti per 4 giorni.

La sera del 2 giugno, intanto, continuava a bruciare il campo rom di via Argine a Ponticelli, ormai abbandonato. Si tratta di vicende gravissime, con risvolti paradossali. Il campo di Testaccio sgombrato era stato scelto come punto di arrivo del corteo «Contro ogni razzismo, in solidarietà ai rom e sinti», che si è tenuto domenica 8, giorno in cui nel 1936 fu istituito a Monaco l'Ufficio Centrale contro la Piaga Zingara, che mise in atto un censimento del popolo Rom nel territorio del Reich, avviò sgomberi e una politica di "tolleranza zero", sostenuta dalla propaganda allarmista della stampa dell'epoca.

A Mestre, il 4 giugno, rappresentanti dei centri sociali veneziani hanno occupato simbolicamente e pacificamente la sede della Lega di Mestre. Dovranno rispondere di violenza privata aggravata, rapina, lesioni personali, invasione di terreni ed edifici, e danneggiamento con l'aggravante «dell'eversione dell'ordine democratico, consistente nell'uso della violenza e della minaccia». La gravità dell'accusa ha indotto i militanti antirazzisti ad affermare "Sono palesi i due pesi e le due misure per il blocco dei lavori xenofobo protetto dalla polizia e per un'azione simbolica e pacifica". A Milano, inoltre, il primo atto di quella che si configura come una vera e propria schedatura di massa su base etnica si verifica in una via dedicata a Peppino Impastato e interessa i familiari di Giorgio Bazzecchi, vice-presidente nazionale dell'Opera Nomadi che da anni lavora per la promozione sociale, politica e culturale dei rom a Milano. Scrive Bezzecchi in una lettera accorata "Sono passati settant'anni dalla promulgazione delle leggi razziali e dai primi rastrellamenti che sfociarono dopo un breve periodo di tempo in un ordine esplicito di "internamento degli zingari italiani" in campi di concentramento. Ricordo che domani sarà schedato anche mio padre, CITTADINO ITALIANO, che ha patito la persecuzione nazifascista con l'internamento in un campo concentrazionale italiano".

Il razzismo dilaga e non solo contro i rom. A Milano da giorni sono in atto controlli a tappeto sui mezzi pubblici, una vera e propria caccia agli immigrati clandestini che aumenta la sensazione di deliberata persecuzione ai danni degli stranieri e induce a pensare che si stia materializzando in Italia il fantasma del razzismo istituzionale.

Chiediamo con forza alle istituzioni che venga interrotta la schedatura su base etnica di rom, sinti e camminanti, i cui membri sono in larga misura italiani. Nulla giustifica interventi come quelli descritti e che ricordano i rastrellamenti del passato.

Chiediamo alla magistratura di vegliare sul rispetto del dettato costituzionale e in particolare dell'art. 3.
Facciamo appello al Presidente della Repubblica affinché intervenga per evitare che si realizzino veri e propri pogrom nei confronti di decine di migliaia di persone che già vivono una situazione di forte discriminazione nei campi.

I campi sono luoghi di emarginazione e vanno superati, ma non saranno le schedature e gli sgomberi forzati a produrre soluzioni eque e durature. Nell'elaborazione e implementazione di strategie per il loro superamento vanno coinvolti innanzitutto gli abitanti stessi dei campi.

Ribadiamo che l'unica strada per la soluzione delle problematiche legate alla convivenza risiede sempre e comunque nel dialogo.
Chiediamo quindi al governo, per il livello nazionale, e ai sindaci, per i rispettivi territori, di aprire un dibattito con rom, sinti e associazioni per avviare percorsi di superamento dei campi nel rispetto delle persone e dei loro diritti, così come sancito dalla nostra Costituzione e dalle convenzioni internazionali.

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