Nella giornata mondiale della biodiversità, celebrata ieri, Legambiente fa il punto sulla situazione, in Italia e nel mondo, della conservazione di flora e fauna. Ma non solo. Perché la perdita di biodiversità, causata in buona parte dal mutamento climatico, è una minaccia anche per gli esseri umani.
Da anni, Legambiente è impegnata attivamente nella salvaguardia della biodiversità nel nostro Paese che detiene in questo campo un primato positivo. L'Italia è fra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, con circa 57.000 specie animali (pari a un terzo di quelle europee) e 5.600 specie floristiche (il 50% di quelle europee).
"Il merito di questi risultati va al lavoro svolto dai Parchi in questi anni - commenta Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente - che nonostante la mancanza di piani strategici, hanno contribuito a costruire la Rete ecologica nazionale, che comprende anche 2.286 Siti di importanza comunitaria e 566 Zone di protezione speciale, pari al 25,2% del territorio nazionale e le 50 zone umide di importanza internazionale".
Attraverso la rete Natura e Territorio, Legambiente promuove le esperienze di gestione di circa 60 aree protette, con lo scopo di sperimentare modelli di sviluppo sostenibile, valorizzare le risorse naturali, promuovere il turismo e implementare la cultura e l'economia locale, migliorando la fruizione integrata del sistema delle aree protette. Ma l'impegno dell'associazione per la difesa della biodiversità si traduce in tante altre esperienze messe in atto in questi anni, come ad esempio il santuario delle farfalle sull'isola d'Elba, la salvaguardia della tartaruga Caretta caretta, la campagna MilleDop per tutelare la biodiversità valorizzando le produzioni di qualità.
I fattori che portano a una riduzione della biodiversità sono numerosi: i disastri ecologici, l'inquinamento industriale, la deforestazione, la desertificazione, i cambiamenti di uso del suolo, l'introduzione di specie aliene vegetali e animali, la distruzione dell'habitat.
"La diversità dei viventi e la loro distribuzione cambiano continuamente - aggiunge Nicoletti -. E' importante però che questi cambiamenti non si traducano in perdite irreparabili. E anche la Red List di quest'anno mostra in modo evidente che la perdita di biodiversità non sta rallentando e che gli sforzi finora fatti dalla comunità mondiale non sono sufficienti".
La Lista Rossa 2007 della IUCN, il più completo elenco dello stato di conservazione e di rischio delle specie animali e vegetali, contiene attualmente 41.415 specie, di cui 16.306 fortemente a rischio. Sono, invece, 785 le specie effettivamente estinte, mentre altre 65 esistono solo in cattività o in serra. In testa alle specie più minacciate, ci sono i gorilla, diminuiti di oltre il 60% negli ultimi 25 anni, il delfino del fiume Yangtzé, ormai probabilmente estinto. Per la prima volta, compaiono nell'elenco i coralli, di cui almeno 10 specie delle Galapagos sono attualmente in una situazione critica.
Una delle minacce più forti per l'equilibrio delle specie è, ad oggi, il riscaldamento globale, che si ripercuote soprattutto sulle acque dei mari, causando, per esempio, la tropicalizzazione del Mediterraneo. Negli ultimi 40 anni si stima che nel Mare Nostrum siano entrate almeno 400 tra specie animali e vegetali prevalentemente tropicali: dal barracuda allo squalo tigre, dalla vongola delle Filippine segnalata per la prima volta nella laguna di Venezia e diffusa ora in tutto il Mediterraneo al pesce pappagallo. A livello mondiale, si stima che l'introduzione di specie alloctone, cioè originarie di altre aree geografiche, sia la causa dell'estinzione di almeno il 20% di uccelli e mammiferi, a causa dei fenomeni di predazione tra le specie, di competizione per il cibo o per la diffusione di malattie.
Un ulteriore allarme legato all' aumento globale delle temperature è quello della desertificazione del pianeta, con risvolti sociali anche pesanti. Nel Sud del mondo, la crescente sterilità del suolo provoca esodi di massa che possono sfociare in tensioni etniche. Non indifferenti anche i risvolti sanitari, con l'aumento di malattie ed epidemie. Anche in Italia, la desertificazione minaccia il 30% circa del territorio nazionale, soprattutto nel meridione e nelle isole, dove, soprattutto nella stagione calda, sono maggiori i rischi di incendi, la rete idrica subisce fenomeni di malfunzionamento, l'economia locale è più legata alla produttività del suolo.
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