"Stiamo cercando di diffondere anche da noi il modello olandese - dice Alfonso Pascale, presidente dell'associazione Rete delle fattorie sociali -. Nel nostro Paese sono le cooperative sociali di tipo B, quelle cioè che si occupano di inserimento lavorativo delle persone disabili e svantaggiate, a cimentarsi nelle coltivazioni. Nei Paesi Bassi, invece, l'esperienza nasce dall'accordo tra aziende agricole private e i ministeri dell'agricoltura e della sanità. La collaborazione con le Asl o con i servizi sociali comunali - continua Pascale - potrebbe essere una strada che le aziende agricole potrebbero intraprendere, diversificando così le iniziative che già offrono come ad esempio accade per le fattorie didattiche". E forse è per questo che al convegno di oggi partecipa anche il ministero dello Sviluppo economico.

Secondo l'ultimo censimento Istat (che risale al 2003), sono 471 le cooperative sociali di tipo B impegnate in agricoltura in Italia, di cui 106 quelle biologiche (dati Aiab riferiti al 2005). "A questi numeri si devono aggiungere altre 500 realtà gestite da associaizoni di volontariato e onlus, più un centinaio di aziende agricole private o di contadini con una persona disabile in famiglia che inconsapevolmente applicano i principi delle fattorie sociali", commenta infine Alfonso Pascale.
Nel Lazio intanto è partita una petizione popolare per l'utilizzo delle terre pubbliche al servizio dei cittadini, nel senso di sperimentarvi modelli di imprenditorialità sociale, realizzare produzioni eco-compatibili e filiere agri-energetiche, favorie la "buona occupazione".
Ma di fattorie sociali si parlerà anche durante il Congresso mondiale Ifoam dell'agricoltura biologica in programma a Modena dal 16 al 20 giugno, perché spesso le coltivazioni "sociali" sono prodotti bio. (mt)

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