"A causa delle Olimpiadi, la repressione contro gli attivisti è aumentata anziché diminuire" - ha dichiarato Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International.
A Pechino e nei dintorni, nel periodo di "pulizia" pre-olimpica, le autorità hanno ridotto al silenzio e imprigionato attivisti per i diritti umani. In Tibet e nelle regioni limitrofe, il recente intervento della polizia e dell'esercito contro i manifestanti ha dato luogo a gravi violazioni dei diritti umani.

"Questi comportamenti mettono in dubbio la serietà dell'impegno cinese di migliorare la situazione dei diritti umani con l'approssimarsi delle Olimpiadi" - ha commentato Khan. "I Giochi olimpici finora non sono stati un catalizzatore per le riforme.
A meno che non vengano adottate misure urgenti che modifichino la situazione, appare sempre più improbabile che le Olimpiadi possano lasciare un'eredità positiva. A soli quattro mesi dall'inaugurazione di Pechino 2008, il Comitato olimpico internazionale e i leader mondiali devono parlare chiaro: se non esprimeranno preoccupazione per quanto sta accadendo e non chiederanno pubblicamente un cambiamento, la loro rischierà di apparire una tacita accondiscendenza verso le violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Cina nella preparazione dei Giochi olimpici".

Amnesty International chiede alle autorità cinesi di:
- consentire l'immediato ingresso in Tibet e nelle regioni limitrofe di ispettori delle Nazioni Unite e di altri osservatori indipendenti;
- porre fine agli arresti arbitrari, alle intimidazioni e alle minacce nei confronti degli attivisti;
- non applicare più forme punitive di detenzione amministrativa;
- consentire a tutti i giornalisti di operare in piena libertà in ogni parte della Cina;
- liberare tutti i prigionieri di coscienza;
- ridurre il numero dei reati per i quali è prevista la pena di morte, come primo passo verso la sua abolizione.

Principali contenuti del rapporto di Amnesty International
Le autorità hanno fatto ricorso a una forza eccessiva, talvolta letale, nei confronti delle manifestazioni in Tibet e nelle regioni limitrofe. Pur riconoscendo che esse hanno il dovere di proteggere persone e proprietà da atti di violenza (compresi gli attacchi dettati da ragioni etniche contro cinesi Han), Amnesty International sottolinea che il loro operato deve rispettare i principi di necessità e proporzionalità previsti dagli standard internazionali sui diritti umani.

Considerata la diffusione della tortura e degli altri maltrattamenti in Tibet, già documentata da molto tempo, Amnesty International teme che i tibetani arrestati nelle ultime settimane rischino di subire pestaggi e altri abusi e di essere condannati a morte al termine di processi iniqui. L'organizzazione chiede alle autorità cinesi di rendere noti generalità, luogo di detenzione e status legale di ogni persona imprigionata e di rilasciare tutti coloro che sono stati arrestati solo per aver preso parte a proteste pacifiche. Il pressoché totale black-out sull'informazione, imposto in Tibet e nelle regioni limitrofe, non solo ha reso difficile verificare le denunce provenienti da quelle zone, ma suona anche come un tradimento del solenne impegno cinese di assicurare "completa libertà di stampa" nel periodo precedente l'avvio delle Olimpiadi.

Il rapporto di Amnesty International descrive casi di attivisti per i diritti umani perseguitati per aver denunciato violazioni o aver collegato le loro denunce ai preparativi dei Giochi olimpici. L'organizzazione chiede il rilascio immediato e incondizionato degli attivisti imprigionati solo per aver espresso le proprie opinioni, tra cui:

- l'attivista per il diritto alla terra Yang Chunlin, condannato il 25 marzo a cinque anni di carcere per "incitamento alla sovversione", dopo aver promosso una campagna dal titolo "Non vogliamo le Olimpiadi, vogliamo i diritti umani". Ha riferito di essere stato torturato dalla polizia e di non aver potuto denunciare, durante il processo, il trattamento subito;
- l'attivista di Pechino Hu Jia, processato il 18 marzo per "incitamento alla sovversione" a causa delle sue attività in favore dei diritti umani, dopo che per molti mesi gli era stata imposta una forma particolarmente invadente di arresti domiciliari. Sua moglie, Zeng Jinyan, e il loro bambino appena nato, continuano a essere bloccati in casa, sotto stretta sorveglianza della polizia.

La "pulizia" pre-olimpica ha causato l'arresto di migliaia di persone che si erano recate a Pechino per presentare reclami in forma di petizioni. Molte di esse sono state espulse verso le province di provenienza. Questa pratica pare essere una reminiscenza di quella chiamata "custodia e rimpatrio", un sistema di detenzione e successiva espulsione dei migranti interni, la cui abolizione nel 2003 era stata trionfalmente presentata come un importante passo avanti nel rispetto dei diritti umani. Alcune delle persone giunte a Pechino per presentare reclami sono state condannate alla "rieducazione attraverso il lavoro", un'altra forma illegale di detenzione senza processo, la cui riforma è ferma nell'agenda politica cinese da molti anni.

Le nuove regole introdotte l'anno scorso per aumentare la libertà d'informazione dei giornalisti stranieri non sono state applicate in Tibet; a Pechino e in altre zone della Cina, è stato impedito a diversi giornalisti di svolgere inchieste su temi considerati sensibili. Nel frattempo, rimangono in vigore dure restrizioni per gli organi d'informazione nazionali e la censura su Internet è stata rafforzata, prendendo ultimamente di mira diversi siti che si occupano di HIV/AIDS. Si crede che il controllo sulle informazioni si stia estendendo anche ai contenuti degli sms scambiati tra utenti di telefonia mobile della capitale.

Il rapporto di Amnesty International manifesta apprezzamento per l'annuncio ufficiale di una significativa riduzione, lo scorso anno, delle condanne a morte e delle esecuzioni a seguito della reintroduzione della revisione da parte della Corte suprema del popolo. L'organizzazione per i diritti umani, tuttavia, continua a chiedere alle autorità di pubblicare dati completi su scala nazionale che possano confermare quanto dichiarato dalle autorità.

Il rapporto China: The Olympics countdown - crackdown on activists threatens Olympics legacy è disponibile in lingua inglese all'indirizzo: http://www.amnesty.org./ e presso l'Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it

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