Ponendosi in una prospettiva a medio termine, il Rapporto delinea una concezione di politica estera in cui le priorità di sicurezza nazionali (stabilizzare l'arco di crisi che connette i Balcani occidentali al Mediterraneo allargato) si combinano a nuove priorità di politica europea: il passaggio dalla sfida dell'integrazione interna alla sfida della coesione verso l'esterno; il riequilibrio dell'Unione Europea verso Sud, dopo gli anni dell'allargamento a Est. Da questo punto di vista, la missione è chiara: trasformare la vulnerabilità potenziale della collocazione geografica dell'Italia, per un sistema europeo che avrebbe tutto da perdere da una drammatica frattura fra le due sponde del Mediterraneo.

La politica estera, secondo il Rapporto, deve essere concepita come una politica di internazionalizzazione. Che ha bisogno, per avere successo, di potere fare leva anche su una più attiva gestione dei rapporti commerciali fra l'Unione Europea e i suoi partner globali. Questo Rapporto è anche un invito a investire di più - e meglio, ossia in modo più razionale - nella sfera dell'azione esterna. Se l'Italia non intende diventare marginale, ma vuole invece restare fra i principali attori europei, dovrà farlo.

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