L'organizzazione per i diritti umani chiede al governo cinese di esercitare moderazione di fronte alle proteste, fornire complete informazioni su tutte le persone arrestate a Lhasa e in altre zone del Tibet la scorsa settimana e rilasciare tutti coloro che sono in carcere per aver espresso in forma pacifica le proprie idee e aver esercitato il diritto alla libertà d'espressione, associazione e riunione.
Secondo Amnesty International, le autorità cinesi devono affrontare le ragioni che sono alla base delle rivendicazioni del popolo tibetano, frutto di politiche governative decennali: l'esclusione dai benefici dello sviluppo economico, le limitazioni alla pratica religiosa e l'attacco alla cultura e all'identità etnica.
Ulteriori informazioni
Le proteste sono scoppiate lunedì 10 quando circa 400 monaci hanno marciato dal monastero di Drepung verso Lhasa, chiedendo la fine della campagna governativa che costringe i monaci ad abiurare il Dalai Lama e a subire propaganda politica. Oltre 50 di loro sono stati arrestati nel corso della marcia. I monaci di altri monasteri sono scesi in strada chiedendo la scarcerazione degli arrestati. Le proteste hanno dato vita a disordini a Lhasa e in altre zone del paese.
La polizia e i soldati hanno lanciato gas lacrimogeni, hanno assalito i dimostranti e hanno esploso proiettili nel tentativo di disperdere la folla. Venerdì le proteste a Lhasa hanno assunto un carattere violento. Fonti ufficiali cinesi hanno annunciato la morte di 10 persone, per lo più uomini d'affari di Lhasa. Voci non confermate hanno riferito di un numero maggiore di vittime.
A Lhasa vige il coprifuoco e i negozi sono chiusi. La città è stata isolata tramite posti di blocco, mentre il centro è presidiato da veicoli blindati e mezzi della polizia. Le forze di sicurezza hanno anche circondato tre importanti monasteri di Lhasa, costringendo i monaci a serrarsi all'interno e picchiando chi tentava di uscire. I monaci del monastero di Sera hanno iniziato uno sciopero della fame per costringere i militari cinesi a sciogliere l'assedio.
Proteste pacifiche di tibetani si sono svolte anche in Nepal e in India. Qui, dimostranti che intendevano marciare verso il confine cinese sono stati fermati e arrestati. A Kathmandu, la capitale nepalese, le manifestazioni sono state sciolte con violenza e alcune persone sono state trattenute in carcere per breve tempo, picchiate e sottoposte a ulteriori maltrattamenti.
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361,
e-mail:
press@amnesty.it