"Per un bambino, arrivare a festeggiare il suo quinto compleanno, dipende dalla comunità e dal paese in cui è nato - commenta Carlotta Sami, Direttore programmi di Save the Children Italia -. Sembra quasi una lotteria, qualcosa che sfugge al controllo umano, ma in realtà non è così. Nonostante la povertà e la disuguaglianza siano chiari fattori che amplificano le cause di mortalità infantile, tutti i paesi, anche i più poveri, possono abbattere l'indice di mortalità infantile se delineano un corretto piano d'azione e danno priorità alle famiglie più povere. Le azioni più o meno idonee intraprese da un governo possono rappresentare la differenza tra la vita e la morte per un bambino."
Nel rapporto si evidenzia che:
- Il Bangladesh rappresenta una casistica di successo. Nel 1998 il governo ha investito risorse e grande impegno in un'iniziativa nazionale per il contrasto delle malattie infantili e la diffusione della contraccezione. Oggi questa decisione è stata ripagata: nonostante un reddito nazionale lordo abbastanza basso, infatti, il Bangladesh è potenzialmente in grado di raggiungere l'obiettivo del millennio che prevede la riduzione dei due terzi della mortalità infantile entro il 2015.
- Al contrario l'Angola, un paese ricco di petrolio, non riesce ad far corrispondere al suo reddito nazionale alto, misure in grado di ridurre il numero dei bambini che muoiono prima di aver compito cinque anni. Benché abbia un reddito pari a tre volte quello della Sierra Leone, il suo tasso di mortalità infantile è di poco inferiore: in Angola, infatti, muoiono 260 bambini ogni 1000 nati, numero che in realtà, in base all'economia del paese, dovrebbe assestarsi intorno a 98 bambini su 1000.
- Un severo monito arriva anche all'Africa sub-sahariana, di cui fanno parte 19 tra i paesi meno performanti dell'indice. Il continente africano sta avendo una notevole crescita economica, ma sono ancora pochi i reali casi di successo come il Malawi e la Tanzania, da cui dovrebbero prendere esempio molti alti paesi.
- In Bangladesh tra il 2000 e il 2006, il reddito nazionale lordo è cresciuto del 23%, mentre il tasso di mortalità infantile è calato del 25%. Ma purtroppo non sempre all'aumento della ricchezza di un paese corrisponde una diminuzione della mortalità infantile. In India, ad esempio, mentre il reddito nazionale lordo ha subito nello stesso periodo un aumento dell'82%, il tasso di mortalità infantile è diminuito solamente del 19 %.
- I 10 paesi con il peggior risultato nella lotta alla mortalità infantile sono Angola (162), Sierra Leone , Niger, Ciad, Mali, Burkina Faso, Guinea, Nigeria, Sudafrica e Camerun, mentre quelli dove sono stati ottenuti i migliori risultati sono Nepal, Yemen, Malawi, Indonesia, Tanzania, Bangladesh, Egitto, Madagascar, Filippine e Cina.
Il risultato è che oggi ancora 10 milioni di bambini muoiono ogni giorno. "Il cambiamento è tuttavia possibile - continua Carlotta Sami -. In questo rapporto è chiaro cosa è utile fare per salvare la vita a tanti bambini. Un'occasione che non può essere persa per far si che la riduzione della mortalità infantile diventi una priorità è il prossimo G8, a luglio, e a seguire, in settembre, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite."
Save the Children chiede ai governi dei paesi in via di sviluppo e ai donatori internazionali di:
- investire in servizi sanitari gratuiti, agevolare l'accesso all'acqua potabile e la costruzione di fognature, supportare l'educazione femminile e le azioni contro la povertà;
- convocare un summit mondiale sulla fame dei bambini e delle mamme, mettendo insieme governi, istituzioni internazionali, privati e la società civile, per indurre tutti ad azioni immediate;
- individuare degli obiettivi chiari, relativi all'impatto di alcune politiche sulla salute materno-infantile e sulla nutrizione;
- affrontare il problema della disuguaglianza, all'interno degli Obiettivi del Millennio, dandosi l'obiettivo di ridurre il gap esistente tra l'indice di mortalità infantile nei paesi ricchi rispetto a poveri ad un massimo del 20%.
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