Stato di allerta, forte tensione e, soprattutto, occhi puntati sulla diplomazia internazionale, in particolare su Unione europea, Russia e anche Cina. Secondo Antonio Scrivo, direttore della Ong Comunità internazionale di Capodarco che dal 1999, a Peje (nel nord est del paese), gestisce un Centro socio-sanitario per giovani disabili psichici serbi e kosovari, è questo il clima che si respira in Kosovo all'indomani della dichiarazione di indipendenza. "Prevedevamo che l'approdo sarebbe stato questo - prosegue Scrivo -, era evidente; come altrettanto evidenti sono ora le reazioni dell'Unione europea, della Russia, di Bush. Ora, però, è difficile dire che cosa accadrà e, soprattutto, se la situazione precipiterà nella violenza: il fatto è che moltissimo si gioca in questo momento fuori dal Kosovo e fuori dalla Serbia, in particolare all'interno della Ue, dove ci siano spaccature. Spagna e Cipro, che temono un effetto domino al loro interno con la questione basca e la contrapposizione tra etnia turca e greca, hanno già dichiarato che non riconosceranno il nuovo Stato. Altri paesi, come l'Italia, sono più cauti".

E poi ci sono le altre potenze: "Oltre alla Russia - precisa Scrivo - anche la Cina si è dichiarata tra i paesi contrari all'indipendenza". Il lavoro della Comunità internazionale di Capodarco - "anche se l'attenzione per le persone che lavorano là si è alzata", sottolinea il direttore - prosegue comunque più intensamente di prima: "Gli esempi di convivenza dal basso, come quella che abbiamo realizzato e portiamo avanti tutti i giorni nel nostro centro di Peje - conclude Scrivo -, sono fondamentali: nessun intervento, nessuna missione umanitaria, anche se le armi tacciono, possono essere efficaci se non viene affiancato un lavoro di ricostruzione, di ricucitura del tessuto sociale per ricomporre la convivenza civile partendo dalla gente". (en)

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