Kambakhsh è stato accusato di blasfemia per aver scaricato da Internet materiale sul ruolo delle donne nell'Islam e averlo poi diffuso all'Università di Balkh. Suo fratello, Yaqub Ibrahimi, ha presentato un appello in suo favore. Se questo sarà respinto sia dalla Corte d'appello che dalla Corte suprema, la sentenza sarà trasmessa per il riesame al presidente Karzai il quale, come prevede la Costituzione, potrà ratificarla, commutarla o annullarla con un provvedimento di grazia.
Secondo quanto riferito dallo stesso Kambakhsh, in tribunale erano presenti tre giudici e un procuratore. La sentenza scritta gli sarebbe stata consegnata prima ancora di aver avuto la possibilità di difendersi e, al termine del processo, sarebbe stato scortato fuori dall'aula da guardie armate per essere riportato in prigione. Kambakhsh, che lavora per un quotidiano locale di Mazar-e-Sharif, ha negato tutte le accuse denunciando che la sua confessione era stata estorta con la forza.
Questo caso sembra avere una valenza politica, allo scopo di spingere suo fratello, a sua volta giornalista presso l'Institute for War and Peace Reporting (un'organizzazione benefica che si occupa di formazione e rafforzamento delle competenze professionali a favore dei mezzi d'informazione locali), a smetterla di scrivere articoli critici nei confronti dei "signori della guerra". Kambakhsh era stato arrestato nel novembre 2007, dopo che suo fratello aveva pubblicato una serie di articoli sullo stesso tema.
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