Lottare, agire anche politicamente, per salvaguardare la dignità della Persona umana, iniziando dai più sofferenti, dai più deboli, dai più dimenticati.
Non possiamo dimenticare le sue "collere d'amore" quando sapeva, quando vedeva che la Persona umana veniva offesa nella sua dignità e nei suoi diritti, "Piuttosto che queste persone muoiano legalmente, preferisco che vivano illegalmente." E se la polizia veniva per richiedere il "permesso edilizio" per le case d'emergenza che con i suoi "stracciaioli-costruttori" aveva costruito per i senzatetto, lui mostrava il certificato di nascita di queste persone, come documento, come prova del loro diritto di vivere, e di vivere in dignità.
La realtà attuale del mondo è preoccupante e inaccettabile. A Sarajevo, i 350 delegati Emmaus di tutto il mondo hanno riaffermato:
1° Il rifiuto di ogni violenza come condizione indispensabile per vivere insieme, riconoscendo ai Popoli la competenza e la capacità di analizzare insieme, con l'ascolto reciproco, le situazioni di conflitto. La giustizia basata sulla conoscenza dei fatti e la ricerca della verità resta il presupposto prioritario ad ogni cammino di riconciliazione.
Oggi più che mai è importante lottare per una "convivialità delle differenze".
Da qui l'impegno dei Gruppi Emmaus di mettere l'esperienza delle proprie comunità, nell'accoglienza incondizionata delle persone, al servizio della difesa dei diritti della persona umana a tutti i livelli, unendosi alle campagne in atto e ad ogni altra azione condotta dalle diverse organizzazioni locali ed internazionali.
2° Guerre e catastrofi naturali spingono sempre più milioni di persone a migrare altrove, mentre le politiche e le prassi disumane che regolano questo fenomeno, peraltro inarrestabile, altro non sono che una continua, barbara, illegale violazione del diritto naturale alla libera circolazione. Diritto che viene riconosciuto alle merci ed ai capitali, ma non alle persone. Emmaus condanna severamente questa diffusa mentalità poliziesca che oltre ad essere illegale, costringe le persone a rischiare sempre di più la propria vita per scappare da situazioni di miseria, fame, ingiustizia e guerra.
Se vogliamo allora tutti insieme fare memoria dell'Abbé Pierre, dobbiamo essere decisi, come singoli e come gruppi Emmaus e non, a continuarne l'azione, a qualunque costo.
Dalla parte di Abele sempre, quale che sia Caino.
22 gennaio 2008 - Emmaus Italia