I modelli organizzativi degli enti del terzo settore sono in continua evoluzione. Tuttavia, al di là della struttura formale, sono le pratiche organizzative quotidiane a determinare l'efficacia e la resilienza di queste organizzazioni. Il Professor Alberto Zanutto, Professor Alberto Zanutto - referente per il Master di primo livello in Management degli Enti del Terzo settore dell’Università di Macerata in partnership con ConfiniOnline - ci aiuta, in questo articolo, a comprendere come le pratiche organizzative influenzano la capacità degli ETS di rispondere alle sfide contemporanee, quali la digitalizzazione, la governance di rete e le nuove richieste della riforma del 2017. Una riflessione costante sulle pratiche organizzative è fondamentale per garantire la sostenibilità e l'impatto sociale degli ETS nel lungo termine.
I modelli organizzativi rivestono un'importanza cruciale per gli enti del terzo settore (ETS), poiché rappresentano la struttura su cui si fonda il loro operato. Gli ETS, che spesso operano in ambiti complessi come il sociale, la salute, la cultura, la progettazione e realizzazione di interventi nella cooperazione internazionale, necessitano di una riflessione continua rispetto ai modelli con cui operano per gestire efficacemente le risorse e rispondere alle esigenze dell’ambiente e in definitiva della comunità.
Dopo molti decenni trascorsi a discutere della necessità di dotarsi di modelli efficienti ed efficaci oggi l’attenzione è molto più centrata su ciò che dà vita a quei modelli. Spesso, anche di fronte a scelte particolarmente attente agli equilibri tra le diverse componenti sociali, tecnologiche e normative, solo per citarne alcune, l'operato delle organizzazione rischia comunque di essere inefficiente e poco coordinato, con conseguente riduzione dell'impatto sociale se non si presta attenzione alle “pratiche organizzative”.
Ciò non significa che questa “ricerca” sui modelli organizzativi per gli ETS sia superata, anzi, più che in passato, la riflessione intorno al “come facciamo noi le cose” dev’essere un tema sempre in agenda pronto a essere aggiornato.
Certamente, un modello organizzativo ben strutturato permette di affrontare le sfide interne, come la gestione dei volontari, il coordinamento tra i diversi settori e l'allocazione delle risorse economiche in contesti progettuali sempre più complessi. Una chiara distribuzione dei ruoli e delle responsabilità (differenziazione), e una altrettanto efficace e rilevante discussione sulla gestione della linea delle responsabilità (coordinamento), non può sollevare mai gli ETS dall’essere consapevoli che l’organizzazione è nelle pratiche uno spazio di equilibri e di contrappesi tra differenziazione e coordinamento, attraverso i quali le pratiche organizzative si manifestano e contribuiscono a creare ambienti resilienti e attenti alle variazioni dell’ambiente. Questa tensione all’equilibrio, da monitorare attraverso tutte le pratiche organizzative, può migliorare alla fine lo sviluppo delle funzioni, garantire una governance più trasparente e mantenere la fiducia degli stakeholders, dai donatori ai beneficiari dei propri servizi.
Tuttavia, è soprattutto in relazione alle opportunità e ai vincoli che ambiente e norme di settore periodicamente aggiornano e sviluppano, che le organizzazioni predisposte continuamente a riflettere sull’organizzazione hanno più capacità di costruire nuove risposte e di adattare le precedenti alle nuove situazioni.
Gli ETS lo hanno dimostrato negli anni di avere in nuce questo potenziale e le trasformazioni affrontate nel tempo lo dimostrano. Ma ragioni dimensionali e ragioni ambientali (in primis l’accettazione di commesse sostenibili e il dover riflettere sul proprio impatto sociale) oggi richiedono ulteriori energie su questo fronte.
Nelle analisi delle recenti evoluzioni almeno tre aspetti vanno messi a fuoco: 1) la riforma del 2017, che porterà le sue conseguenze anche nel prossimo futuro; 2) i processi di digitalizzazione, che stanno offrendo nuovi dati per il lavoro sociale e nuove scelte sul piano organizzativo nella gestione del personale e infine 3) le domande di governace di rete, che impongono agli ETS di riconoscersi sempre di più come interlocutori attenti e capaci quando si riflette sui disagi manifestati sui territori.
Il riferirsi a una generica domanda di “innovazione” non aiuta a capire come articolare questa domanda. Le sfide vanno aggiornate e queste sfide vanno poste in relazione alle pratiche organizzative, che rimandano ai modelli organizzativi. Essi sono oggi soprattutto una “dialettica” organizzativa, l’ossatura di un “discorso” sull’organizzazione, più che una ricerca strutturale e di articolazione dei servizi, anche alla luce delle nuove domande di senso delle persone che abitano gli ETS.
In un contesto sociale ed economico in continua evoluzione, gli ETS devono essere in grado di rivedere e modificare le proprie strutture organizzative per consentire quella resilienza innovativa che permette agli ETS di prosperare anche in contesti di incertezza e cambiamento.
_____
Tosi, V., & Raponi, F. (2016). La riforma del terzo settore (Vol. 8). Maggioli Editore.
Becchetti, L., Bobbio, E., Prizia, F., & Semplici, L. (2022). Going deeper into the S of ESG: a relational approach to the definition of social responsibility. Sustainability, 14(15), 9668.
Ascoli, U., & Campedelli, M. (2021). Insostituibilità, riconoscenza, integrazione funzionale: la parabola del Terzo Settore nella pandemia. Social Policies, 8(2), 369-388.
Maino, F. (2021). Il ritorno dello Stato sociale? Mercato, Terzo Settore e comunità oltre la pandemia: Quinto rapporto sul secondo welfare. Giappichelli.