Quante volta abbiamo detto “dobbiamo organizzarsi meglio”? ma cosa indentiamo davvero? Quali sono i tratti di una buona organizzazione? Domande semplici ma la risposta non è sempre facile e scontata. Un modello efficace ed efficiente non lo è per i tutti i contesti e non lo per sempre. Abbiamo bisogno di parametri che ci aiutano a valutare lo stato d’arte della nostra organizzazione e a progettare possibili percorsi di miglioramento.
Le grandi trasformazioni della società nel suo insieme e del sistema welfare in particolare chiamano in causa il terzo Settore. Gli ETS rispondono, sia per necessità di adattamento ai cambiamenti sia per partecipare alla progettazione dell’innovazione sociale richiesta. F. Butera in “Organizzazione e Società”, ci insegna che per portare l’innovazione nei contesti socio-economici è indispensabile innovare l’azione organizzatrice all’interno delle aziende/enti. Ciò porta in primo piano la riflessione sui modelli organizzativi più idonei ad aiutare gli ETS ad affrontare la molteplice sfida: gestire l’ordinario, efficientare l’operatività, ma allo stesso tempo anche a scoprire i nuovi bisogni e promuovere l’innovazione.
Oggi viviamo in ambienti turbolenti e complessi, non è solo retorica. L’esigenza di rinnovarsi si fa sentire maggiormente. La velocità del cambiamento è aumentata e il moltiplicarsi dei fattori che si intrecciano nel determinare un fenomeno/evento (il noto effetto farfalla) ci fanno perdere la sicurezza trasmessa dai nessi causali (il rapporto chiaro e stabile tra causa ed effetto) e ci espongono maggiormente all’indeterminatezza dei nessi circolari (dove tutto dipende da tutto e inoltre cambia nel tempo).
Serve quindi rigenerare i modelli organizzativi e a tale proposito presentiamo alcune piste di lavoro.
- L’imprevedibilità del contesto sposta l’attenzione dalle competenze di pianificazione e programmazione alle abilità di controllo del processo e alla necessaria continua ridefinizione delle azioni e degli output intermedi. L’imperativo è raggiungere il risultato (risolvere il problema) non “semplicemente” essere conformi ad un piano definito a priori. La metafora più usata è quella della navigazione a vista dove per non perdersi serve una bussola forte quale può essere la mission e/o un codice comportamentale. Servono strumenti che ci indicano non tanto una meta e percorsi definiti a priori, quanto gli elementi utili per valutare di volta in volta le nuove mete e percorsi (logica di patchwork e di evoluzione a bricolage). Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma.
- Allo stesso tempo i modelli organizzativi vanno sempre di più verso una maggiore fluidità (dalle strutture ai processi) e una maggiore autonomizzazione delle singole unità e/o degli operatori; entrambe le tendenze richiedono, come contrappeso, elementi di rafforzamento dei processi identitari e di creazione di coesione organizzativa. Nasce l’esigenza di “regolare” i comportamenti dei singoli, non solo in una logica preventiva e prescrittiva, ma anche auto-regolativa che consente di ri-orientare l’operatività, ricercando l’equilibrio tra la dimensione tecnica con quella valoriale. Vanno riformulate alcune questioni pratiche quali “orario di lavoro”, “autorizzazioni/deleghe”, “lavoro di rete” “motivazione e impegno dell’operatore”.
- In questi contesti i comportamenti de singoli diventano ancora più centrali e alle persone serve una bussola per orientare il loro agire lavorativo. Uno strumento quale il Codice Comportamentale, da folclore o mainstreaming, può diventare uno strumento utile per un modello di governance che promuove lo sviluppo delle risorse umane e delle competenze professionali allo scopo sia di garantire comportamenti funzionali (Qualità) sia per orientarsi alla generazione di valore (Impatto sociale e Rendicontazione). Per questi temi rimando a due precedenti pubblicazioni “La narrazione come azione organizzatrice. Bilancio Sociale e Codice Etico” e “Compiance, Etica e Organizzazione”.
- Al centro di questo scenario evolutivo troviamo l’informazione e quindi la digitalizzazione. Il processo ciclico di costruzione, reperimento, validazione, trattamento, archiviazione, trasmissione, condivisione, valorizzazione e aggiornamento delle informazioni, diventa centrale per qualsiasi modello organizzativo si vuole costruire e implementare.
- Lo stesso concetto dell’organizzazione e dei suoi “confini” è in continua trasformazione. Le organizzazioni oggi hanno bisogno di intensificare dialogare con il contesto la sociale (networking) per definire il proprio agire e delineare il futuro. Il rapporto con i propri stakeholder porta gli ETS a valorizzare la mission e la dimensione etica – valoriale e focalizzare sempre di più l’impatto generato nei confronti del fruitore/destinatario e del contesto più ampio oltre al “servizio-prodotto”. E’ questo cambiamento di paradigma nel rapporto organizzazione e ambiente che può agevolare il raggiungimento dell’obiettivo di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
- La dimensione comunicativa è sempre più un fattore strategico; si deve curare l’immagine che si trasmette verso l’esterno di una organizzazione solida, affidabile e “invogliante” per accaparrare risorse, reclutare persone, costruire partnership e tanto altro.
Rigenerare le capacità organizzative e progettuali degli ETS o di qualsiasi azienda non è mai facile. Mettere al centro il valore sociale generato può aiutare a trovare una via più percorribile e attivare una cultura organizzativa che si orienti attraverso una declinazione operativa della mission, della vision, della teoria del cambiamento che stano alla base del purpose aziendale. Andare verso un modello “ethic oriented” a 360 gradi.
Affrontare le sfide citate fin ora significa parlare di futuro e chi meglio dei giovani esprime il cambiamento, il nuovo, il bisogno e la volontà di progettare il futuro? Argomento che ci porta al grande tema del ricambio generazionale negli ETS. Non è una semplice sostituzione di persone dovrà essere molto di più. La sfida è dare la possibilità ai giovani di esprimere i nuovi valori, parametri e canoni del successo sul piano pratico, etico e estetico. Una sfida che non si esaurisce nel “lasciare spazio”, ma comprende l'importante compito di decodificare i segnali e ricodificare in pratiche organizzative concrete e percepibili dai giovani, come materiale utile affinché essi possano migliorare il presente e costruire il futuro.
Nel corso "Modello organizzativo: sostituire o rigenerare?" esploreremo le sfide e le opportunità che questo scenario complesso presenta per le organizzazioni non profit. Scopriamo insieme come innovare e adattarsi per un futuro più sostenibile!
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