In un mondo che cambia, le organizzazioni - in quanto entità generate per raggiungere risultati e gestire relazioni - non possono che essere in continua evoluzione. Quale è, allora, il ruolo del management? Quali sono gli strumenti a disposizione? Domande “vecchie” che cercano sempre nuove risposte. 

Sono sempre più frequenti le situazioni in cui dobbiamo prendere decisioni ma non abbiamo tutte le informazioni necessarie, o viceversa, ne abbiamo troppe senza sapere però come ordinarle o come ricostruire un filo logico. Inoltre, spesso, siamo anche in attesa di decisioni da parte altri soggetti al di fuori dal nostro controllo. Insomma, siamo di fronte a un sovraccarico di informazioni (spesso disordinate e indecifrabili); a legami interdipendenti tra vari soggetti; a compresenza di più fattori e cause che originano e caratterizzano le situazioni e le problematiche che dobbiamo affrontare. In altre parole tocchiamo con mano la complessità

Quali sono gli strumenti manageriali che abbiamo a disposizione? Fondamentalmente, sono quelli che abbiamo sviluppato nei decenni precedenti, dove i contesti reali erano più lineari, prevedibili e governabili.  

Oggi, è sempre più difficile governare il cambiamento, perché non è sempre possibile scegliere la strada migliore, sapere a priori dove si sta andando o addirittura dove si vuole andare.

Servono quindi strumenti più adatti a una realtà che si basa su una nuova relazione tra informazione, esperienza, decisione e azione. Invece, gli approcci tradizionali presuppongono una linearità chiara: prima si viene a conoscere/studiare una situazione/problema, poi si decide e poi si agisce.  

Cosa c’è di sbagliato? Siamo “cresciuti” con questa visione: prima si analizza il contesto, si definiscono obiettivi/priorità e poi si passa all’azione. Nel contesto odierno, questo approccio viene messo in discussione. In molti casi, la conoscenza di una situazione/problema non precede, ma segue l’azione.

A dire il vero, qualche dubbio l’abbiamo sempre avuto, ma oggi, grazie anche allo sviluppo delle neuroscienze, sappiamo bene che il rapporto tra conoscenza ed esperienza e più dialettico che lineare.  Pensare, sentire e agire sono inseparabili per noi esseri viventi. 

È corretto, quindi, pensare che esista una realtà “là fuori” che aspetta di essere analizzata, oppure, che - in un contesto VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity) - gli obiettivi rimangano gli stessi per tutto il periodo che serve a implementare la macchina realizzativa? Non sarebbe meglio cercare altre formule per innovare la gestione per obiettivi (MBO)? 

Il tema sicuramente non è nuovo e nemmeno facile; sono diversi anni che se ne parla. Personalmente, trovo curioso che tali approcci di stampo razionalista vengano introdotti ancora oggi e forse con maggiore insistenza, anche grazie alla riforma del Terzo Settore, proprio nel mondo del sociale e del volontariato, dove sembrerebbero meno adatti. 

In un settore che per sua natura è mutevole, promuovere il modello razionale-lineare come l’unico valido, forse, non è la strategia adatta. Il principio organizzativo che servirebbe è quello della capacità di adattamento rapido ai cambiamenti

Il Prof. Umberto Galimberti, ne L’etica del Viandante1, ci dice che non esiste soltanto l’etica della razionalità tecnica (in cui i punti di partenza e di arrivo sono chiarissimi fin dall’inizio), ma anche quella del viandante, che parte, ma senza sapere esattamente dove lo porterà la strada.
Questo, non vuol dire, evidentemente, rinunciare ad avere obiettivi, ma, semplicemente, che essi possono essere aggiornati strada facendo, in relazione ai nuovi dati del contesto. Bisogna riuscire a ridurre al minimo l’intervallo di tempo necessario per riadeguare il “come” e il “cosa”, cioè, cogliere i segnali dell’ambiente e adeguare l’operato, generando azioni e, se necessario, nuovi obiettivi.  

Servono contesti organizzativi in cui c’è spazio per comportamenti basati non solo su una logica preventiva-prescrittiva (ricorso a soluzioni già repertoriate), ma anche su una auto-regolativa ed evolutiva.

Impariamo a ri-orientare l’operatività, ricercando l’equilibrio tra la logica lineare della pianificazione “tradizionale” e quella “circolare”, in cui, grazie al monitoraggio dinamico, obiettivi, azioni e risultati sono in continua ridefinizione.

In questi contesti, si rivalutano inevitabilmente anche “valori”, “mission” ed “etica”, che diventano indispensabili per non perdere la “bussola”.

Di tutto questo e molto altro, parleremo nel corso online "Il manager tra complessità ed equilibri" in partenza mercoledì 11 settembre.

 

Qui tutte le informazioni sul corso e sulle modalità di iscrizione.

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1. Galimberti, U. (2023). L'etica del viandante. Feltrinelli Editore.

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