Il 23 aprile scorso si è tenuto a Parigi presso Fondation de France lo Spring Steering Committee del Transnational Giving Europe (TGE), il network composto dalle principali fondazioni erogative a livello europeo, che collaborano per facilitare le donazioni internazionali fiscalmente efficienti in Europa. Ancora oggi, infatti, non esiste un singolo mercato europeo per la filantropia, né un regime fiscale comune, e per questo non è garantito nessun vantaggio fiscale per i cittadini e le aziende che decidono di sostenere una realtà non-profit con sede in un paese diverso dal proprio. La rete TGE è nata nel 2007 proprio per sopperire a questa mancanza, consentendo ai donatori di sostenere finanziariamente organizzazioni non-profit in altri Paesi membri beneficiando direttamente dei vantaggi fiscali in vigore nel proprio Paese di residenza. 

Il confronto fra le istituzioni partner del network ha permesso di fare il punto sui fondi raccolti nel 2023 e sull’attuale situazione delle donazioni internazionali in Europa. Sono così emersi dati rilevanti e nuovi trend che stanno interessando la filantropia europea. Innanzitutto, il Transnational Giving si conferma un efficace strumento per transitare erogazioni liberali oltre confini, dalle quote più piccole a donazioni che superano il milione di euro. Altresì, è evidente come il Covid-19 abbia segnato uno spartiacque nell’ambito delle donazioni internazionali. Secondo i report di TGE, infatti, negli ultimi anni 4 anni si è registrato un forte incremento delle donazioni internazionali fiscalmente efficienti: prima del 2020 le donazioni transitate da un paese all’altro tramite TGE superavano di poco i € 13 milioni, raggiungendo i picchi del 2020 e 2021 – rispettivamente € 28 milioni e € 30,6 milioni – per attestarsi in seguito sopra i € 20 milioni negli ultimi due anni. In aumento, inoltre, anche il numero delle donazioni corporate: nel 2023, 691 aziende si sono rivolte ai partner TGE per fare erogazioni transnazionali, contro le 442 del 2019. 

Gli ultimi dati relativi alle donazioni internazionali evidenziano soprattutto come l’educazione, in particolare la formazione superiore, sia il settore che raccoglie il volume più alto di erogazioni da donatori internazionali, con il 52% delle donazioni totali transitate dal network a favore di università, college e fondazioni per il sostegno all’accessibilità e alla ricerca per un totale di circa € 11 milioni. Segue, seppur con uno scarto rilevante, il settore dell’ambiente che ha ricevuto il 16% delle donazioni transitate. 

Per quanto riguarda il sostegno all’educazione, tolti i grandi fondi internazionali per l’accessibilità all’educazione, sono soprattutto gli atenei inglesi e francesi a raccogliere diffusamente donazioni all’estero. In effetti, nel resto d’Europa e nel mondo, le università sia pubbliche che private adottano da tempo strategie di fundraising di qualità, sia per la tipologia di campagne di raccolta fondi sia per l’entità delle erogazioni raccolte. Se si considera il settore della filantropia del Regno Unito, uno dei più virtuosi nel contesto europeo, i dati dimostrano che l’istruzione occupa un posto di rilievo tra i filantropi inglesi, fenomeno la cui crescita è stata registrata già da qualche anno. Per esempio, già prima del Covid-19 la Sunday Times Giving List 2020, pubblicata in partnership con la Charities Aid Foundation (CAF) – il partner anglosassone del network TGE – sulle attitudini filantropiche dei 100 individui più ricchi d’Inghilterra aveva evidenziato che 66 di questi avevano fatto ingenti donazioni a università e istituti di istruzione superiore sia nel Regno Unito sia in altri Paesi. Importante da sottolineare che, sempre secondo i dati della Sunday Times Giving List 2020, il 28% dei 200 principali filantropi tra 2014 e 2020 ha donato a 228 università straniere in 39 diversi paesi per un totale di £ 640 milioni. 

E in Italia? Rispetto al contesto europeo, sono ancora pochi gli atenei e gli istituti di istruzione superiore a ricevere erogazioni da donatori residenti all’estero: nel 2023, degli € 11 milioni transitati tramite TGE per l’educazione, appena il 4% è stato raccolto da istituzioni italiane, ovvero circa € 432 mila totali. Di questi, circa il 90% sono stati raccolti dall’Università Bocconi, principalmente da aziende, molto attente a finanziare l’innovazione e i giovani talenti che andranno poi a inserirsi nel mondo del lavoro. 

Leggendo questi dati, appare evidente che le potenzialità da cogliere al di fuori dell’ambito nazionale per il settore dell’alta formazione e della ricerca sono ampie, soprattutto se si considera che il mercato della raccolta fondi per l’università ha per sua natura una dimensione internazionale sotto vari aspetti, sia per i temi che tocca - dalla formazione di talenti, alla ricerca scientifica e innovazione, sia per il vasto bacino dei suoi stakeholder. Per esempio, attivare una raccolta fondi coinvolgendo la rete di alumni con campagne mirate all’estero permetterebbe agli atenei sia di fare leva sulla sensibilità di soggetti stranieri culturalmente più orientati a sostenere questo tipo di istituzione, sia di intercettare i numerosi laureati italiani residenti all’estero. Secondo l’ISTAT, del milione di espatriati italiani tra 2012 e 2021, circa 1 su 4 è laureato, e ogni anno tra il 5% e l’8% dei laureati italiani lascia il Paese. 

Le opportunità per il settore dell’alta formazione e dell’educazione sono quindi ingenti e disponibili: il bacino di potenziali donatori è ampio, così come la propensione dei cittadini europei a sostenere l’alta formazione. In più, reti sovranazionali per la libera circolazione di erogazioni liberali come Transnational Giving Europe facilitano il sostegno di realtà oltre confine permettendo al donatore di godere dei benefici fiscali del proprio paese di residenza. Le aziende, poi, hanno pieno interesse a finanziare programmi educativi che immettano nel mercato del lavoro giovani talentuosi formati e con conoscenze competitive. 
Alcuni istituti pubblici hanno dimostrato di muovere i primi passi per sviluppare una strategia di raccolta fondi internazionale, ma ciò richiede risorse dedicate che spesso scarseggiano. Tuttavia, è necessario che siano introdotte professionalità formate per poter accogliere prontamente eventuali richieste di grandi donatori e aziende, così come l’importanza della flessibilità nella progettazione di iniziative che possano unire la volontà del donatore, i valori etici e le esigenze di ciascun istituto.
Questa carenza di risorse non è da considerare svincolata alle attività istituzionali della formazione universitaria, poiché l’opera di raccolta fondi va di pari passo con i valori di internazionalizzazione degli atenei, delle competenze e delle conoscenze. È dunque fondamentale per gli atenei italiani integrare buone pratiche di sensibilizzazione e comunicazione orientate al fundraising all’interno delle proprie linee strategiche. 

 

Autrice: Rachele Chiesa

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