Progettare su bandi, sia pubblici che privati, e accedere al finanziamento atteso richiede  conoscenze e competenze che si evolvono continuamente. Negli ultimi anni, i bandi di finanziamento richiedono, in modo aggiuntivo a diverse altre novità, l’esplicitazione degli impatti sociali. Gli enti finanziatori vogliono sapere fin dall’inizio – e con sempre maggiore dettaglio - quanto la realizzazione dell’iniziativa migliorerà la vita dei beneficiari e della comunità in cui vivono.
Quali sono gli strumenti e le competenze che servono per rispondere al meglio a questa richiesta?
Ce ne parlano in questo articolo Stefania Fossati e Paolo Tomasin, docenti del prossimo corso “Progettare e valutare interventi generativi” dedicato proprio a queste tematiche.

Progettare è partire dal presente per anticipare il futuro; è saper intercettare bisogni e desideri delineando possibili orizzonti di appagamento. La progettazione è quell’attività che si propone di cambiare l’attuale situazione per renderla migliore. L’attività di predisposizione di progetti potrebbe essere paragonata a quella del seminare: ci si aspetta che il seme piantato nel terreno fertile generi nel tempo una fruttuosa pianta che fornirà anche ulteriori semi per riprendere il ciclo. 

I bandi di finanziamento per realizzare interventi progettuali sono una grande opportunità a disposizione degli ETS. Saperla cogliere può aiutare a realizzare i propri valori, a conseguire la propria mission. Ciò non significa farsi guidare dai finanziamenti, ma impiegare con consapevolezza un mezzo, tra gli altri a disposizione, per raggiungere il fine per il quale ci si è costituiti in ETS. 

Progettare su bandi, sia pubblici che privati, ed accedere al finanziamento atteso richiede però conoscenze e competenze che si evolvono continuamente. Non bastano buone idee, bisogna saperle anche coniugare negli aggiornati codici della disciplina progettuale. Infatti, linguaggi, approcci metodologici, strumenti operativi e pratiche si sviluppano incessantemente. E un rischio si intravvede dietro la grande opportunità sopra richiamata: che la sempre rinnovata capacità progettuale diventi esclusiva di un numero limitato di professionisti altamente qualificati appartenenti ad alcuni grandi ETS. Un rischio che si può superare solo se si diffonde in tutti gli ETS, anche nei più piccoli, la consapevolezza della necessità di aggiornare continuamente le proprie technicalities della progettazione.      

Negli ultimi anni, con sempre maggior frequenza i bandi di finanziamento richiedono, in modo aggiuntivo a diverse altre novità, l’esplicitazione degli impatti sociali. Gli enti finanziatori vogliono sapere fin dall’inizio quanto fruttuosa sarà la pianta del seme progettuale, quanto la realizzazione dell’iniziativa migliorerà la vita dei beneficiari e della comunità in cui vivono. I progetti vanno pensati ed elaborati quindi immediatamente come meccanismi generativi di effetti positivi. Questo porta a spostare l’attenzione dagli input (le risorse) e dagli output (le azioni, i prodotti) all’outcome (ai risultati sui beneficiari) e all’impatto più generale (i cambiamenti generati non solo nei beneficiari ma anche nel contesto di riferimento). Insomma l’attenzione è rivolta al futuro, al cambiamento che si sarà in grado di attivare. E il raggiungimento di questo cambiamento deve essere chiaramente e attendibilmente argomentato con il bagaglio disciplinare della valutazione. 

A tal fine i formulari prevedono una sezione dedicata alla descrizione delle metodologie e degli indicatori (quantitativi e qualitativi) che saranno impiegati per la valutazione d’impatto del progetto stesso. In alcuni casi si spingono pure a chiedere su quali dimensioni avrà luogo l’impatto: quella sociale, ambientale, economica, ecc. La competente stesura di questa sezione del formulario può rivelarsi fondamentale per raggiungere il punteggio previsto per l’accesso al finanziamento.

È bene però precisare che la valutazione dell’impatto sociale (VIS) non si configura solo come un’occasione da cogliere nella progettazione dei bandi di finanziamento; essa rappresenta altresì una delle sfide più interessanti per gli ETS (ma anche per il settore pubblico e il privato for profit). Se correttamente intesa, la VIS si dimostra una potente modalità riflessiva per dar conto dell’agire stesso dell’ente, per documentare e dare visibilità, con il coinvolgimento di tutti gli stakeholders, del valore generato per la comunità.

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