L'articolo di questa settimana per la raccolta che stiamo curando in collaborazione con il Master Promotori del Dono dell'Università dell'Insubria, ci presenta un interessante quadro di quello che è il rapporto tra il consulente filantropo e il mecenate e quali sono gli strumenti essenziali ed efficaci affinché la relazione sia un successo per entrambi.
Chi è il mecenate? Come possiamo descriverne la figura, il suo vissuto, ciò che lo spinge a donare, assolvendo un compito di grande importanza sociale? Per lavorare nel campo della filantropia occorre la passione per la generosità, sapere cogliere le sfumature, essere psicologi e antropologi, andare alla radice dell’uomo, comprenderne le motivazioni profonde, capirne la mentalità e il modo di pensare, a volte non immediatamente riconoscibile. Chi fa di queste attitudini una professione è il consulente filantropico, un compagno prezioso per un filantropo, un professionista che considera la famiglia del mecenate e le sue esigenze in modo olistico e utilizza le sue conoscenze e competenze per aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi.
I compiti di un consulente filantropico partono dal chiarire valori, motivazioni e aspirazioni del donatore, al supportarlo nella scelta di un’area di interesse, dall’aiutarlo a sviluppare una strategia e una roadmap per svolgere l’attività filantropica, all’aiuto nell’attuazione della stessa e nella relazione con i beneficiari. Un buon consulente è neutrale, è un compagno critico e attento, sostituisce il filantropo quando si tratta di assumere posizioni che possono essere difficili per lui, può anche sostenerlo quando si tratta di pianificare la successione e coinvolgere i figli nel processo filantropico In questo modo si possono evitare gli inevitabili problemi che sorgono quando i membri della famiglia vengono a sapere solo dopo la morte che il loro congiunto ha donato molto denaro in beneficenza. Lo scopo è che figli e nipoti siano identificati con i gesti di generosità di chi li ha preceduti e orgogliosi di ciò che la loro famiglia ha realizzato (cfr. Emma Beeston, Beth Breeze, Advising Philanthropists: Principles and practice, Directory of Social Change).
Un solido background economico e manageriale, resilienza e empatia, sono perciò fra le doti più importanti quando un consulente incomincia un lavoro a fianco di un mecenate, assieme alla capacità di coglierne le sfumature del carattere, le emozioni, per poter guidare al meglio le scelte e indirizzare le donazioni in maniera virtuosa. Oggi i mecenati sono ben più che benefattori, perché hanno la possibilità di mettere a disposizione capitali di rischio, oltre a competenze e infrastrutture. Il mecenate è a tutti gli effetti un manager, capace di definire chiaramente ogni obiettivo, grazie a precise strategie di azione che portano a pratiche efficaci e di forte impatto, oltre a saper creare alleanze che sostengono i progetti a lungo periodo.
Per un beneficiario comprendere tutto ciò significherà che il suo lavoro di collaborazione con il mecenate poggerà su due fondamentali pilastri, che sono la componente umana, la capacità di cogliere gli aspetti umani e quella razionale e cognitiva, in modo che la comune esperienza professionale sfoci in una perfetta collaborazione e comunanza di intenti.
Una raccolta fondi va pianificata con cura, perché occorre identificare il profilo di mecenate più adatto allo scopo, che oltre ai mezzi economici possieda anche il necessario entusiasmo e la piena affinità con il progetto presentato, preparare la strategia di contatto e soprattutto cercare le giuste motivazioni per stimolare la curiosità del potenziale donatore per poi formulare la richiesta (cfr. Elisa Bortoluzzi Dubach,, Chiara Tinonin, La relazione generosa- Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati, Franco Angeli Editore). L’idea iniziale, infatti, va corredata con una dettagliata documentazione atta a chiarire perfettamente il progetto in cui inserirla. Una volta ottenuto il contributo, il ringraziamento è un’attività che comprende una infinità di dettagli anche di natura economica (per esempio, la gestione ottimale del denaro donato).
Nella fase post donazione, poi, rientrano in gioco le capacità relazionali del beneficiario: la passione del mecenate va sempre sostenuta e alimentata, e chi dona deve essere messo al centro del progetto. Una società armoniosa, infatti, è quella che mette al centro la comunità, condividendone i valori con chi vuole donare.
Elisa Bortoluzzi Dubach - Consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti superiori in Svizzera e Italia e co-autrice fra gli altri di «La relazione generosa-Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati» (www.elisabortoluzzi.com).