Il 20 novembre si celebra la Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, L’obiettivo è quello di promuovere la solidarietà internazionale, la consapevolezza tra i bambini di tutto il mondo e il miglioramento del loro benessere. Ma come stanno i nostri bambini e ragazzi? Secondo l’indagine di Telefono Azzurro dedicata alla salute mentale dei giovani l 21% dei giovani ha dichiarato di sentirsi in ansia o preoccupato (20%), il 6% triste. Per 1 ragazzo su 3, però, chiedere aiuto a un esperto di salute mentale rappresenta ancora una vergogna, perché teme di essere giudicato in modo negativo dalla società.
L’utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali non comporta solo una trasformazione nel modo di comunicare, ma anche un impatto sulla salute mentale di tutti compresi i giovanissimi. Lo evidenziano le richieste di aiuto arrivate alla linea di Ascolto 1.96.96 che nel 2022 ha raccolto 1459 segnalazioni relative a problemi di salute mentale (4 casi al giorno) e quelle gestite dal numero Emergenza Infanzia 114 che, nel 2022, sono state ben 347.
Ed è proprio per focalizzare l’attenzione sul benessere psicofisico dei ragazzi e per sensibilizzare l'opinione pubblica sui loro bisogni emergenti che, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Fondazione S.O.S. il Telefono Azzurro ETS ha organizzato la conferenza “Il futuro dell’infanzia tra nuovi scenari e risposte concrete”.
La giornata, ospitata presso la Sala Plenaria Marco Biagi del CNEL, luogo di studio e di ricerca, ha visto la partecipazione di istituzioni, accademici, enti e delle principali piattaforme social con l’obiettivo di fare squadra mettendo a disposizione dei più giovani efficaci strumenti di prevenzione.
“Il tema del disagio psico-fisico dei giovani – ha dichiarato il presidente del CNEL prof. Renato Brunetta – investe la più ampia sfera del benessere dei ragazzi. È un ambito su cui il contributo di Telefono Azzurro è prezioso e sono convinto che si possa lavorare insieme su alcune misure concrete. Un primo campo d’intervento riguarda i servizi all’infanzia. Il CNEL ha il compito di redigere una Relazione annuale sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione. Nell’ambito di questa attività il CNEL può porsi come punto di raccordo tra le parti sociali, il comparto sociosanitario e realtà quali appunto Telefono Azzurro, per individuare un set di indicatori del benessere dei giovani, da mettere a disposizione degli operatori scolastici. Un altro ambito d’intervento è quello delle carceri. Abbiamo un accordo con il Ministero della Giustizia su lavoro e formazione per i detenuti. Potremmo estendere il raggio d’azione anche ai figli di chi è detenuto. Ma il CNEL può innanzitutto porsi come catalizzatore di reti. Il CNEL è la casa dei corpi intermedi, la casa dove trovano rappresentanza le reti sindacali e professionali, le reti del volontariato e del terzo settore, le reti del mondo produttivo e del lavoro. Il CNEL può svolgere un’opera di sensibilizzazione, motivando tutte queste reti a un impegno comune sul fronte del disagio giovanile, stimolandole a intraprendere percorsi condivisi per l’offerta di servizi di qualità”.
La giornata ha voluto dare voce anche ai ragazzi presenti che hanno partecipato in gran numero all’evento condividendo le loro storie e testimonianze. C’è Lorenzo che a 16 anni ha raccontato alla linea di Ascolto "Non mi sento in me, la mia testa è come se non mi seguisse per niente”, o Marco che a 15 anni è caduto nel tunnel dell’anoressia e che scrive “Vi contatto perché sto vivendo un momento molto buio, non mi ascolta e comprende nessuno e non so più cosa fare. 7 mesi fa sono caduto nel tunnel dell’anoressia, purtroppo ho perso tanto tanto peso, ho paura, mi sento triste, piango continuamente e non mi sento capito”. Storie queste che testimoniano un grande bisogno di ascolto e la necessità di trovare strumenti di prevenzione efficaci affinché nessuno si senta inascoltato. Durante il convegno Telefono Azzurro ha presentato “E Tu, Stai Bene con te?”, una guida che parla direttamente ai ragazzi e che risponde in maniera concreta ai dubbi rispetto al disagio che stanno vivendo. Un primo passo per uscire dalla solitudine e aiutare a rompere la barriera del silenzio.
“Nell’ultimo anno abbiamo visto aumentare le richieste di aiuto legate alla salute mentale” – ha spiegato Ernesto Caffo, Presidente e Fondatore di Telefono Azzurro. “Ed è proprio per questo motivo che abbiamo organizzato questa giornata di riflessione condivisa. La velocità trasformativa del digitale ha modificato radicalmente lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei ragazzi che si trovano a gestire, troppo spesso da soli, forme di difficoltà e di disagio, oltre ad essere esposti a moltissimi rischi”.
Ma come si sentono i ragazzi oggi? Hanno paura di parlare di salute mentale? E come percepiscono la sofferenza dei propri coetanei? A questi interrogativi si è cercato di rispondere attraverso l’indagine di Telefono Azzurro dedicata alla salute mentale dei giovani e realizzata con il supporto di BVA Doxa su 800 ragazzi tra i 12 e i 18 anni e presentata in occasione dell’evento. Nelle ultime due settimane soltanto il 41% dei ragazzi si è sentito felice. Il 21% dei giovani ha dichiarato di sentirsi in ansia o preoccupato (20%), il 6% triste. Dati, questi che devono spingerci a una riflessione, anche perché il senso di angoscia che invade i pensieri dei più giovani attraversa anche le loro aspettative future. Ad 1 ragazzo su 2 – si legge nel report – il futuro appare come un qualcosa di davvero oscuro. Tra le principali sofferenze che gli adolescenti riscontrano tra i loro coetanei vi è al primo posto la dipendenza da internet e dai social network (52%), seguita dalla mancanza di autostima (41%), dalle difficoltà relazionali con gli adulti (40%), ansia e attacchi di panico (30%). Soltanto il 2% ritiene che i propri coetanei non vivano situazioni di sofferenza. Ma come aiutare i giovani che si trovano in una situazione di disagio psicologico? Per il 61% potrebbe essere utile parlarne di più, perché spesso ci si vergogna e si ha paura di chiedere aiuto. I giovani danno molto importanza alla sfera educativa rappresentata dalla famiglia e dalla scuola. Per il 41% dei rispondenti sarebbe molto utile formare e insegnare ai genitori come essere vicino ai figli che stanno male, mentre il 39% auspica che a scuola si parli sempre di più di salute mentale. Anche essere seguiti da un professionista o da uno psicologo rappresenta una soluzione per il 39% degli intervistati, ma il 22% preferirebbe potersi raccontare in modo anonimo utilizzando ad esempio le chat. Intelligenza artificiale, chatbot, e app di salute mentale sono ritenute facilmente accessibili per il 63% dei ragazzi oltre ad essere strumenti dove non ci si sente giudicati (62%), anche se il 58% teme di non sentirsi veramente ascoltato a causa della scarsa empatia.
Anche se con la pandemia il tema del benessere mentale ha iniziato ad assumere un ruolo sempre più rilevante, soltanto il 39% dei più giovani ne parla nella vita di tutti i giorni e il 40% fa ricerche in rete sul tema. La propria rete affettiva rimane il riferimento in caso di malessere psicologico. Il 74% dei ragazzi ritiene la famiglia un punto fermo, seguita da amici (38%), dallo psicologo (26%) e dalla scuola (11%). Chiedere aiuto a un esperto di salute mentale rappresenta ancora una vergogna per 1 ragazzo su 3, che teme di essere giudicato in modo negativo dalla società. Indifferenza, discriminazione, esclusione sociale e compassione sono per i giovani gli atteggiamenti più diffusi nella società nei confronti di persone con problemi di salute mentale.
Anche gli eventi drammatici – come ad esempio la Guerra in Medio Oriente – influenzano i sentimenti e il vissuto dei ragazzi. Più di 1 giovane su 2 è rimasto impressionato di fronte alle notizie e alle immagini dolorose del conflitto, mentre il 35% ritiene di aver avuto una reazione all’inizio, ma ora si sente abituato. Ma quali sentimenti genera la guerra? Il 49% dei ragazzi sottolinea di provare molto spesso rabbia, il 59% tristezza, il 39% angoscia. 1 ragazzo su 5 molto spesso fa incubi sugli attacchi. L’empatia e la vicinanza alle popolazioni colpite sono sentimenti molto diffusi tra le giovani generazioni. Il 19% pensa alle vittime del conflitto ogni giorno, il 39% spesso e il 30% qualche volta.
Dall’indagine di Telefono Azzurro emerge come la grande solitudine di fronte alla crescita porti sempre più ragazzi a rifugiarsi nella rete per sperimentarsi dal punto di vista cognitivo, emotivo e relazionale. In media i ragazzi tra i 12 e i 18 anni passano almeno 3 ore al giorno sui social chattando. Il 92% degli intervistati è concorde sul fatto che i social media potrebbero causare dipendenza, ma il 58% degli users li sceglie per rilassarsi, il 54% per rimanere in contatto con amici e familiari, il 31% per combattere la solitudine e la noia e il 23% per fare nuove amicizie (23%). Alla domanda come ti sentiresti senza l’utilizzo dei social il 22% dei ragazzi ha risposto “ansioso” o “agitato”, l’11% “solo”, mentre il 23% si sentirebbe addirittura “perso”.
“Diventa fondamentale e prioritario non lasciare i più giovani da soli all’interno dei mondi digitali e dei social network colmando le lacune di reti familiari sempre più fragili. Il 77% dei ragazzi pensa che la scuola debba educare all’uso sicuro e responsabile dei social riconoscendone, accanto alla famiglia, l’importantissimo ruolo educativo. Non dobbiamo fermarci qui. L’obiettivo è quello di attivare forme di collaborazione e progetti comuni e trasversali capaci di tutelare e mettere al primo posto il benessere mentale di bambini e adolescenti” – conclude Caffo.
Comunicato stampa Telefono Azzurro