Le comunità educative sono strutture gestite da operatori e personale specializzato che, a differenza delle Case Famiglia, non prevedono la presenza di una famiglia per accogliere i minori in temporanea difficoltà familiare. E' difficile, all'interno di queste strutture che un bambino si "senta un figlio" e che riesca a sviluppare una relazione filiale. Le comunità educative sono gestite da professionisti che operano in appartamenti di dimensioni ridotte in cui vengono accolti fino ad un massimo di dodici minori. Gli operatori professionali, quindi, garantiscono la loro presenza in funzione dei turni di lavoro, creando così un contesto assistenziale e non relazionale. La Casa famiglia, invece è caratterizzata dalla presenza stabile di una famiglia che può far nascere una vera e propria relazione d'accoglienza con il minore accolto.
La legge 149/2001 tuttavia non fa distinzioni tra le Case Famiglia e le comunità educative di tipo familiare. E' opportuno, dunque, garantire il riconoscimento giuridico a carattere nazionale della realtà della Casa Famiglia, proprio nella sua caratterizzazione principale e cioè la presenza stabile di una coppia sposata e preparata all'accoglienza.
In più occasioni Amici dei Bambini aveva evidenziato la necessità di potenziare la rete della Case Famiglia, proprio per garantire una coppia di genitori sempre presenti, un punto di riferimento a tutti quei minori che hanno già alle spalle un trauma familiare.
"In tal senso si è aperto un dibattito nell'Osservatorio nazionale per l'infanzia - ha evidenziato il presidente di Amici dei Bambini Marco Griffini - Amici dei Bambini cercherà di aprire un confronto con gli attori presenti nell'Osservatorio affinché sia inserito nel Piano biennale d'azione del governo il riconoscimento giuridico delle Case Famiglia."