La redazione e pubblicazione del bilancio sociale da parte degli ETS, il cui obbligo è stato introdotto dalla Riforma del Terzo Settore, è ormai entrata nelle consuetudini delle organizzazioni che vi sono tenute. Come tutte le prassi veicolate da un requisito di legge, il rischio che deve affrontare chi è soggetto a un tale obbligo è quello di limitarsi a sbrigare un adempimento, a riempire di dati e informazioni un documento (meglio se a compilazione guidata) che non ha alcuna utilità per la propria organizzazione né per i suoi portatori di interesse.
La domanda che ci si dovrebbe porre, nello strutturare un bilancio sociale, è per chi lo sto facendo? Non perché, per chi. Se la risposta è per il Registro Imprese, per lo Stato, per la Legge, o in generale per un’entità impersonale a cui si attribuisce l’obbligo di un tale adempimento, ebbene, il bilancio sociale lo stiamo facendo male. Se la risposta alla domanda che ci dovremmo porre fa invece riferimento a una o più categorie di stakeholder, a persone o gruppi, anche solo all’organizzazione medesima, allora il senso del bilancio sociale è salvo.
Paradossalmente si assiste, in alcune realtà che redigevano il bilancio sociale ben prima dell’obbligo normativo, alla regressione da un documento dinamico, aperto, ricco di informazioni ma anche di condivisione con la platea degli stakeholder, a un report scarno e freddo, realizzato in omaggio alla norma, ma che ha perso le sue caratteristiche sostanziali.
Perché il bilancio sociale non è un mero documento, e anzi è limitante considerarlo un semplice strumento di rendicontazione sociale. Pur non essendo naturalmente fine a sé stesso, e quindi rientrando nella categoria dei mezzi (in opposizione ai fini), è piuttosto un modo di gestire le relazioni con i propri stakeholder. Le Linee Guida ministeriali che ne tracciano i contenuti essenziali per l’obbligo annuale dicono proprio questo, quando parlano (§ 2) di ‘processo interattivo di comunicazione sociale’: la finalità è quella di mantenere relazioni multidirezionali con i portatori di interessi, che ne consentano la partecipazione quanto più allargata alle dinamiche dell’organizzazione.
Queste relazioni multidirezionali che costruiscono partecipazione sono innovazione sociale, perché migliorano l’efficacia dell’azione degli ETS che le adottano, e quindi il benessere degli stakeholder della comunità a cui fanno riferimento. La comunicazione con i propri portatori di interesse, che viene attivata nella costruzione di un bilancio sociale, è quindi ambito di sviluppo organizzativo, innovazione di processo e compliance normativa coniugata con il benessere comunitario.
È per capire come orientare nel senso del miglioramento l’obbligo di redazione del bilancio sociale che ConfiniOnline presenta il corso Il bilancio sociale degli ETS tra adempimenti e opportunità di miglioramento, dal 28 febbraio all’8 marzo, condotto da chi scrive e aperto a tutti gli ETS (obbligati o meno dalle proprie dimensioni a depositare il bilancio sociale) interessati ad approfondire un approccio che rispetti la forma ma valorizzi la sostanza di un dispositivo organizzativo così potenzialmente significativo nella vita delle organizzazioni non profit italiane.