A fine dicembre è stata depositata un'importante pronuncia della Cassazione che fornisce ulteriori chiarimenti in merito ai criteri con i quali dev'essere verificata l'esclusività o la prevalenza dell’esercizio di un'attività commerciale svolta (anche) dall'ente non profit.
In caso di attività svolte da enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica, la valutazione sulla esclusività o prevalenza dell’esercizio di attività commerciale o agricola va operata in concreto e non in astratto in base alle sole risultanze statutarie e formali, dovendosi valutare se e in quale misura le operazioni realizzate dall’ente: a) siano riconducibile alle attività economiche di cui dall’art. 4, par. 2, della direttiva n. 77/388/CEE (e, poi, all’art. 9 della direttiva n. 2006/112/CE), b) siano effettuate a titolo oneroso e c) comportino lo sfruttamento di un bene al fine di conseguirne introiti. Ai fini di tale verifica non rilevano né lo scopo perseguito dall’attività, né il conseguimento di risultati, mentre è necessario che: 1) sussista un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo, ossia un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni; 2) l’attività sia diretta al conseguimento stabile di introiti, tenuto conto, a tale scopo, delle condizioni in cui è effettuata la prestazione in raffronto a quelle in cui essa viene di solito realizzata, dell’entità della clientela, dell’importo degli introiti, dei criteri di determinazione delle tariffe, dei compensi e/o dei prezzi praticati, nonché degli altri elementi pertinenti, sì da verificare se le somme percepite, ancorché di importo ridotto rispetto ai costi sostenuti, costituiscano un effettivo corrispettivo dotato di stabilità o siano assimilabili ad un canone, inidoneo a conferire carattere di economicità alla prestazione: è il principio di diritto formulato dalla quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 37737/2022, depositata lo scorso 23 dicembre.