Torniamo a parlarvi dell'importanza della promozione del dono con un articolo pubblicato sul Il Sole 24Ore di Bernardino Casadei, consulente di ConfiniOnline e responsabile sviluppo di Fondazione Italia per il Dono.
La promozione del dono è l'attività economica più produttiva che un ente senza finalità di lucro possa implementare. Per esempio, è da anni che in Fondazione Italia per il dono il ritorno sull'investimento è sempre superiore al 1.000 % e nel 2021 ha addirittura superato il 9.000 %. Malgrado ciò sono ancora molte le realtà del terzo settore che non investono nella raccolta fondi, preferendo cimentarsi in attività commerciali dagli esiti per lo meno dubbi.
La raccolta fondi, come ogni attività economica, richiede degli investimenti, ma si tratta di investimenti molto limitati, in pratica il tempo di una persona. Oggi è relativamente facile ottenere, senza nessuna anticipazione, l'infrastruttura tecnologica necessaria per offrire sofisticati servizi ai propri donatori e sono numerose le opportunità per formarsi, anche gratuitamente, in un'attività che non è particolarmente difficile, ma che non può essere improvvisata.
La promozione del dono è anche un'attività qualificante per gli enti del terzo settore in quanto mal si adatta alle caratteristiche delle società profit e degli enti pubblici. Malgrado ciò, i modelli più diffusi sono legati al marketing di massa e implicano importanti investimenti in comunicazione, investimenti che sono fuori dalla portata della maggior parte degli enti, i quali, invece, dovrebbero imparare a valorizzare il proprio patrimonio relazionale.
Un ostacolo che impedisce questa evoluzione e priva questi enti di un'importante fonte d'entrata è che molti di loro identificano la promozione del dono con la richiesta di aiuto. Nulla di più sbagliato, non solo perché così facendo si cerca di far leva sul senso di sacrificio che non è particolarmente diffuso nella nostra società, ma anche perché chiedere aiuto non è, di norma, un'attività molto gratificante e non è un caso che i più cerchino di evitarla.
Il dono, in realtà, non è una rinuncia, ma uno scambio fondato sulla libertà in cui la maggior parte dei donatori dichiara di avere ricevuto più di quello che ha dato. Per promuovere il dono l'ente non profit deve quindi capire cosa può offrire ai propri donatori ed è l'incapacità di dare una risposta a questa domanda il vero e principale ostacolo che queste organizzazioni devono superare. I più pensano che il proprio valore aggiunto debba essere cercato nei servizi che erogano, ma i servizi si pagano e non suscitano donazioni. In realtà la nostra società non ha in primis bisogno di servizi, ma di senso, emozioni, relazioni, identità, riconoscimento. Si tratta di esigenze che difficilmente possono essere appagate con l'acquisto di beni e servizi, ma solo con l'esperienza di atti di libertà, atti che non si identificano con la soddisfazione delle proprie voglie, ma che necessitano qualcosa di bello, buono e giusto che dia senso alla propria vita, una strategia per conseguirlo e delle opportunità concrete, adatte alle esigenze di ciascun donatore per contribuire alla sua realizzazione. Gli enti non profit possono dare una risposta a queste esigenze.
Promuovere il dono significa promuovere quegli atti di libertà di cui le nostre comunità hanno un disperato bisogno e che sono indispensabili per il perseguimento della propria missione, soprattutto se non vogliamo che i nostri sforzi generino dei palliativi che “senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare”. Promuovere il dono significa aiutare i propri donatori a riaffermare la propria umanità e questo, soprattutto in una società come la nostra, non ha prezzo.