Le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono sempre più diffuse sul territorio italiano ed europeo e sembrano rappresentare la chiave di volta di un processo di transizione energetica significativo e vantaggioso. Ma cosa sono? E quali sono i fattori di spinta di questa proliferazione?
Per comunità energetica si intende un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni o piccole e medie imprese che decidono di unirsi per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nascono quindi volontariamente con l’obiettivo comune di produrre, consumare e condividere energia da fonti rinnovabili, senza avere come fine la generazione di profitti per i proprietari.
Come riportato in questo articolo su Impresa Sociale “Lo sviluppo delle CER ottimizza l’utilizzo dell’energia rinnovabile perché una volta prodotta, anziché essere immessa nella rete di alta tensione, viene condivisa nel territorio in cui è stata generata, rendendo così più sostenibile l’incremento della produzione di energia e la transizione da una rete elettrica con pochi centri di produzione ad una rete con una molteplicità di attori che producono, ed in molti casi consumano, energia elettrica”.
Tra le ragioni che stanno portando a una crescente diffusione delle comunità energetiche vi è senza dubbio la consapevolezza di una necessaria transizione energetica generale verso le fonti rinnovabili, per contrastare i cambiamenti climatici e muoversi in direzione del raggiungimento dei target di decarbonizzazione previsti nel 2030.
L’instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi dell’energia ricavata dalle fonti fossili e il conseguente desiderio di indipendenza energetica dalla Russia, sono tutti fattori che rendono necessaria questa transizione e che quindi spingono alla nascita delle CER.
Queste, infatti, rappresentano un importante passo avanti in direzione di uno scenario energetico che favorirà lo sviluppo di energia a base di reti intelligenti (o smart grid). I vantaggi per le comunità sono molteplici, a cominciare dal risparmio in bolletta per gli associati. Le direttive europee “rinnovabili” (2018/2001/UE) e “mercato” (2019/944/UE) hanno definito il quadro normativo per la partecipazione dei singoli e della collettività alla produzione, al consumo e alla condivisione di energie da fonti rinnovabili. Queste direttive sono state recepite in Italia con la Legge N. 8 del 2020 che ha convertito in legge l’articolo 42/Bis del il cosiddetto decreto “Milleproroghe” (DL N. 162 del 2019). Successivamente ARERA con la delibera N. 138 del 2020 ha definito il modello di regolazione delle Comunità energetiche rinnovabili e con il Decreto Ministeriale del 16 settembre 2020, il MISE ha definito il sistema incentivante. Infine, il Decreto Legislativo N. 199 del 2021 ha modificato alcuni aspetti critici emersi a seguito dell’applicazione della Legge N. 8 del 2020.
Agli incentivi nazionali si aggiungono una serie di misure adottate dalle singole Regioni che hanno previsto investimenti sempre più corposi e consistenti per dare vita a comunità energetiche rinnovabili, anche alla luce dei finanziamenti a tasso zero previsti dal PNRR per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo. Il Recovery Plan, infatti, stanzia più di 2 miliardi di euro per installare 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità energetiche rinnovabili puntando sui Comuni con meno di 5.000 abitanti, quelli cioè più a rischio di spopolamento.
Come sottolineano Andrea Bernardoni, Carlo Borzaga, Jacopo Sforzi nel saggio su Impresa sociale - l'importanza e il valore delle CER tuttavia, va oltre l'ambito energetico e la capacità degli attori locali di auto-organizzarsi, di leggere i bisogni energetici, economici, ambientali e sociali e di costruire risposte collettive in grado di valorizzare le potenzialità di cui il territorio dispone e il tipo di energie rinnovabili che possono essere prodotte nella comunità. “Il loro sviluppo, infatti, può rappresentare un modello di produzione esemplare in cui i cittadini si auto-organizzano per raggiungere obiettivi di interesse collettivo applicabile alla gestione dei servizi pubblici locali – come, ad esempio, il servizio di raccolta dei rifiuti o la gestione del servizio idrico – e più in generale alla gestione dei beni comuni”.
Tuttavia, gli autori mettono in evidenza il rischio che deriverebbe dall'affermazione di approcci top-down, ovvero, la promozione di modelli CER da parte di grandi player energetici che vedono nelle comunità energetiche uno strumento di marketing, o da quelle imprese interessate agli incentivi introdotti dal Governo.
“Per evitare questi rischi e non disperdere il potenziale che le comunità energetiche possono rappresentare – sottolineano - sarà importante operare contemporaneamente su due fronti. Da un lato, individuare forme giuridiche e organizzative che facilitino la formazione e la gestione dal basso delle CER, dato che il legislatore non ha individuato in modo chiaro quale debba essere la forma giuridica da preferire. Dall’altro, stimolare e accompagnare i processi di costituzione delle comunità energetiche, con l’obiettivo di dare vita a CER realmente capaci di generare benefici collettivi e legati al territorio”.
Certamente, però, affinché questo modello possa essere veramente efficiente e “per valorizzare il ruolo delle imprese sociali e di comunità nello sviluppo delle CER sono necessarie delle azioni di accompagnamento finalizzate a innalzare le competenze tecniche in materia di energie rinnovabili di queste organizzazioni. In questa prospettiva un ruolo importante potrà essere svolto dalle reti imprenditoriali, dalle reti associative, dalle università e dai centri di ricerca, dalle fondazioni di origine bancaria che potranno realizzare specifici percorsi formativi sulla transizione energetica dedicati alle imprese sociali e di comunità e mettere a disposizione di queste organizzazioni e di chi vuole cimentarsi con la costituzione di una CER il supporto di soggetti specializzati in ambito energetico”.
Le comunità energetiche rappresentano quindi un grande valore economico, sociale, ambientale e anche culturale, dei veri e propri laboratori di partecipazione attiva che potranno sperimentare soluzioni innovative nella gestione dei beni comuni e nella produzione di nuovi modelli di welfare. Gli enti del Terzo settore, con la propria capillare incisività sulle comunità locali in cui operano, possono contribuire in maniera significativa allo sviluppo e alla promozione delle CER.