La nostra formatrice e consulente Stefania Fossati, esperta di progettazione sociale ed europea e di volunteer management, è stata intervistata da Radio Lombardia, per parlare dell'importanza degli enti del Terzo settore in questo particolare momento storico e soprattutto delle opportunità di finanziamento. Quanti sono gli enti capaci di coglierle e quando è importante - specie per gli enti medi e piccoli - professionalizzarsi e fare rete per incrementare il proprio impatto?
La pandemia prima e l'attuale situazione della guerra in Ucraina hanno dato, e continuano a dare, una prova sempre più evidente di quanto il Terzo settore sia fondamentale per il nostro Paese. Gli enti hanno dimostrato di poter reagire e di poterlo fare anche in maniera immediata, essendo molto vicini alle realtà che necessitano di supporto ed essendo capaci di intercettare i reali bisogni dei territori. Ancor più con questa guerra, dalla quale emerge la necessità di accogliere tante persone, gli enti sono in prima linea a gestire e organizzare tutti quei servizi di accoglienza.
Guerra e pandemia hanno, però, riportato in auge anche il discorso dei fondi per finanziare e supportare al meglio questo settore così indispensabile. “Ma come vengono finanziati gli enti del Terzo settore? Di fondi ce ne sono tantissimi, soprattutto nel contesto europeo, ma quanto sono bravi gli enti a cogliere le opportunità?”.
È vero, di opportunità ce ne sono tante, soprattutto provenienti dall'Unione Europea, che mette a disposizione numerosi fondi, i quali, però, spesso sono poco conosciuti o meglio conosciuti in modo sbagliato. Sussistono dei pregiudizi rispetto a come vengono assegnati, come vengono gestiti e come siano poco sfruttati. La mia missione è far comprendere agli enti del Terzo settore quante opportunità ci sono. Ce ne sono tantissime a livello europeo, con dei programmi, delle progettualità di ampio respiro, ma ci sono anche fondi che vanno a intercettare i bisogni dei singoli territori, i cosiddetti “fondi indiretti”, che sono fondi gestiti concretamente da quelli che sono i nostri ministeri, dalle nostre regioni, dai nostri enti locali.
“Al netto delle grandi organizzazioni, qual è la percentuale di enti capaci di cogliere queste opportunità? È auspicabile andare verso una maggiore professionalizzazione del settore?”
Il mondo del terzo settore è molto eterogeneo, fatto di grandi, medie, piccole e piccolissime realtà. Purtroppo, la percentuale di enti che accedono alle opportunità è ancora molto bassa. È necessaria una professionalizzazione ed è importante la capacità di profit e non profit di “contaminarsi”. C'è del buono in entrambe le parti. Da un lato c'è l'aspetto sociale, che il Terzo settore che porta avanti anche attraverso il valore del volontariato e quindi la capacità di reagire in maniera “più spontanea”, dall'altro, emerge una strutturazione e una professionalizzazione che possono essere di notevole supporto al Terzo settore.
Le organizzazioni devono acquisire quelle capacità, competenze, processi e strumenti – tipici del mondo profit - che possano rendere più efficace la loro azione.
Il volontariato è fondamentale nel Terzo settore, ma non vuol dire che tutto sia volontariato. Dietro a molte realtà non profit ci sono persone che lavorano in maniera molto professionale. Se guardiamo alle grandi organizzazioni, queste hanno una struttura molto più simile a delle imprese organizzate, ed è così dovrebbero cercare di agire anche le piccole organizzazioni, compatibilmente con le proprie risorse e capacità.
Un'altra cosa che manca nel Terzo settore è la capacità - soprattutto per le piccole organizzazioni - di fare rete. Molto spesso c'è una dispersione di risorse, di competenze, di buone cause, di mission. Ci sono spesso tante piccole realtà che condividono le stesse cause e fanno attività simili e le fanno in maniera efficiente, ma agiscono singolarmente e questo fa si che si disperdano le risorse e quindi si riduce l'impatto positivo che potrebbero invece avere.
In conclusione, quindi, l'invito agli enti del Terzo settore è quello di formarsi, strutturarsi meglio e prendersi cura delle proprie risorse, in una sola parola “professionalizzarsi”.