Vi è mai successo di avere a che fare con possibili investitori che non comprendono il ruolo della vostra organizzazione e chiedono di poter aiutare “direttamente”? Quanti vi hanno detto di voler “toccare con mano” quanto acquistato con la donazione, dando ovviamente per scontato che i fondi non possano in alcun modo retribuire il lavoro dell’organizzazione ma solo le attività o, meglio ancora, solo l’acquisto di beni tangibili?
La crisi pandemica ha accelerato una tendenza già in atto da un decennio definita disintermediazione, cioè la propensione del donatore a donare direttamente alla causa\progetto scelto facendo a meno dell’organizzazione, a volte percepita come mero ente intermediario. Nella cooperazione internazionale tale fenomeno è ancora più radicato, con centinaia di Fondazioni che inseriscono nei loro regolamenti l’esplicito desiderio di lavorare solo con organizzazioni locali o finanziando solo attività di acquisto di beni. Alcuni attenti osservatori internazionali già dieci anni si chiedevano se fosse davvero finita l’epoca d’oro delle ONG1.
Reagire con sdegno e prendersela con i donatori accusandoli di miopia non serve a nulla, se non ad accelerare il fenomeno.
Le organizzazioni al contrario dovrebbero seriamente interrogarsi sul loro ruolo, e identificare con precisione il proprio valore aggiunto, trasformandolo in un punto di forza nel dialogo con ogni tipo di investitore.
Ma che significa valore aggiunto? Significa chiarire con assoluta precisione ciò che solo la nostra organizzazione può fare al meglio in un determinato contesto.
Ogni organizzazione deve cercare il proprio valore aggiunto nelle migliori esperienze interne, che si tratti di ottenere e dimostrare un vero impatto, di creare reti e azioni di advocacy, oppure di testare interventi innovativi e provare di essere in grado di duplicarli e scalarli.
Una organizzazione pienamente consapevole del proprio ruolo e del proprio valore aggiunto può a questo punto aprire relazioni efficaci con Fondazioni, Aziende e Top Donors, le tre tipologie di investitori più diffuse. Ciascuno di tali soggetti ha aspettative molto diverse, e conoscendo meglio tali aspettative le organizzazioni possono costruire percorsi di partenariato efficaci e duraturi, in cui entrambe le parti massimizzano la reciproca soddisfazione.
Tecnica individuale, strategia di gruppo e mindset orientato allo sviluppo di relazioni sono fondamentali nella costruzione di un settore di raccolta fondi 1to1, cioè un gruppo di specialisti nel fundraising da Fondazioni, Aziende e Top Donors in cui ciascun investitore è seguito individualmente da un account di relazione.
Nel corso Sviluppare partenariati con Fondazioni, Aziende e Top Donors, che si terrà nelle date del 06, 10 e 12 maggio, verrà affrontato il tema di come costruire un team 1to1 realmente efficace per avviare, consolidare e sviluppare la raccolta fondi da Fondazioni, Aziende e Top Donors a partire dalla consapevolezza del proprio valore aggiunto e superando il rischio disintermediazione.
Il corso è adatto anche a piccole organizzazioni, e la frequenza è consigliata a Fundraisers, progettisti, dirigenti di ETS intenzionati a lavorare con Fondazioni, Aziende e Top Donors.
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1 https://devpolicy.org/the-end-of-the-golden-age-of-ngos-20131122/