Se in un momento di relax vi capitasse di leggere o rileggere il libro Le città invisibili di Italo Calvino, trovereste o ritrovereste anche Ottavia, la città-ragnatela. La base di questa città è una rete (network) che serve da passaggio e da sostegno. Tutto quello che si trova ad Ottavia (cittadini compresi) è appeso a questa rete. Eppure conclude l’autore: “sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti di Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che prima o poi la rete non regge”.
La prima edizione delle Città invisibili risale al 1972 e non si può certo addebitare a Calvino la fascinazione per Internet (la Rete per antonomasia), allora ai suoi albori, ma che negli anni successivi ha colpito molti scrittori. La parola rete ha una lunga storia che precede di molto la sua apparizione come tecnologia digitale.
A distanza di cinquant’anni, oggi tutto sembra essere o diventare rete. La famiglia si trasforma in rete familiare, le amicizie in reti amicali; gli scambi relazionali, istituzionali, commerciali e finanziari assumono configurazioni reticolari. Tutto appare connesso: persone, servizi, organizzazioni, oggetti (si pensi ad Internet of Things). Fare rete è ormai un’espressione diffusa, vola veloce di bocca in bocca attraversando molteplici ambiti tematici, raggiungendo indistintamente amministratori, manager e operatori. Anche nel Terzo settore, e non da oggi, si impiega spesso questa o espressioni analoghe come “fare sinergia”, “fare squadra”, “fare sistema”, accanto - ma ahimè con meno frequenza - a cooperare, consorziare, collaborare. Ultimamente, queste espressioni sono sempre più abbinate ad altre, quali: condivisione (il cosiddetto sharing che accompagna moltissimi oggetti, dall’automobile alla bicicletta, per diventare emergente forma di economia), partenariati progettuali, co-programmazione, co-progettazione, co-gestione. Accade però che di rete si parli soprattutto in termini puramente metaforici. La rete è indubbiamente una potente ed evocativa metafora. Ma la metafora si rivela insufficiente per chi intende effettivamente operare: in pratica che cosa significa fare rete? Che cosa implica nell’agire quotidiano e lavorativo? Esistono delle modalità e degli strumenti appositi che consentono di lavorare in rete?
Prima di rispondere a queste domande, aggiungiamo un altro aspetto presente nell’impiego dell’espressione fare rete. La metafora esprime essenzialmente una qualità positiva del fare: è attraverso il networking, il mettersi in relazione con gli altri, che oggi si raggiungono i propri obiettivi, si risparmiano risorse, si genera un impatto maggiore sulla comunità e la società. Nel tempo essa è diventata quasi un passepartout, la soluzione a qualsiasi problema, personale, comunitario, sociale. Si trascura quasi del tutto l’irretire (l’essere preso, catturato, intrappolato nella rete), così come si tende a nascondere i costi e le difficoltà connessi a questo agire, esponendosi di conseguenza al rischio di produrre facile retorica.
Ebbene, ConfiniOnline, come peraltro altre agenzie, è convinta che per rendere applicabile l’espressione del fare rete sia indispensabile affiancare all’evocativa e positiva metafora una rappresentazione più analitica e operativa. Il percorso formativo che essa propone parte dal presupposto che sia necessario apprendere un nuovo modo di essere e agire negli Enti del Terzo Settore (ETS); che servano competenze e strumenti nuovi. Conoscenze, modalità decisionali e operative che riguardano e possono interessare tutti gli operatori e che non sono confinabili solo ad alcuni emergenti profili professionali: facilitatori, animatori, connettori di rete. Praticare quotidianamente il networking negli ETS significa riprogettare le forme istituzionali e organizzative, condurre tavoli di lavoro, gestire partenariati progettuali, disporre di tecniche per mappare le reti di aiuto e di fronteggiamento.
Praticare il networking negli ETS non è né semplice né facile. Il networking non sarà mai la soluzione a tutte le sfide del Terzo settore, ma potrà contribuire a rendere meno incerto il suo agire.
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