È di questi giorni la notizia che Facebook ha raggiunto 4 miliardi di utenti iscritti nel mondo: ovviamente non si tratta di utenti sempre attivi, ma basandosi sulle statistiche di utilizzo si vede che si tratta comunque del social media in assoluto più vissuto globalmente, con 2,89 miliardi di persone attive.
Non c’è quindi discussione che regga: si tratta sicuramente del maggior bacino mondiale di pubblico a cui rivolgersi. Il fatto però che sia il maggior bacino di utenza non vuole dire che sia l’unico che abbia i donatori che vogliamo raggiungere.
Utenti attivi giornalieri su Facebook - Fonte: Statista
A fronte di più di 200 social media esistenti nel mondo, le possibilità davanti alle quali la nostra nonprofit si trova sono infinite, ma non lo sono le nostre risorse: tempo, personale, budget sono i primi elementi da prendere in considerazione quando ci troviamo a dover decidere su quale social media approdare e come farlo nel modo giusto. E accanto a questi dobbiamo renderci conto che non possiamo essere presenti ovunque con la stessa efficacia, non possiamo parlare a tutti allo stesso modo e che anche la logica della donazione passa ormai su una logica di multicanalità, offline che online.
Social media per il nonprofit: prima di tutto la strategia
L’errore più comune quando si prende in considerazione i social media per la comunicazione della propria nonprofit è quello di voler presidiare tutti i canali senza una vera logica, ma spesso semplicemente perché lo fa il competitor di turno. Non sappiamo perché il nostro competitor abbia scelto quelle piattaforme, né sappiamo come stia performando, né tantomeno quanto stia investendo in termini di soldi.
I veri primi step da fare invece sono stabilire qual è l’obiettivo principale che vogliamo raggiungere arrivando su un social media e fare un importante studio del proprio database per tirare fuori le buyer personas (il nostro donatore tipo) a cui noi già stiamo parlando su altri canali (o decidere di voler raggiungere un’altra tipologia di donatori e di conseguenza studiare questa buyer persona basandosi su ricerche online, di mercato e anche survey se necessario).
Questi due elementi saranno essenziali per andare a capire quale piattaforma scegliere, con che tono rivolgerci all’utente che vogliamo intercettare e soprattutto quali tipologie di contenuti proporli.
Il nostro database è il cuore centrale di tutte le azioni successive se il nostro intento è quello di allargarlo con contatti simili, ma allo stesso modo lo è se vogliamo rivolgerci a un pubblico diverso: sappiamo infatti che possiamo escluderlo come destinatario finale, persino dalle nostre campagne a pagamento.
E inoltre avendo ben in mente chi vogliamo raggiungere (quanti anni ha, in che regione vive, che lavoro fa, se è sposato o meno ecc) sarà non solo più facile scegliere immagini e copy adatti a loro nel nostro piano e calendario editoriale, ma anche scegliere gli interessi correlati alle loro persone e messi disposizione di Facebook per le sponsorizzazioni.
Social media per il nonprofit: sponsorizzazioni, sì o no?
Anche qui non c’è discorso che regga: una volta entrati nel magico mondo Facebook, sappiamo bene che dovremo allocare un budget solo per le campagne. La reach organica ormai quando si attesta sull’1% è un dono dal cielo.
Si potrebbe pensare allora di fare un calendario di sole sponsorizzazioni, abbandonando i contenuti organici (ossia non a pagamento). La realtà è che un buon piano e calendario editoriali sono sempre di supporto alle campagne. Abbiamo infatti parlato di multicanalità offline e online: se creiamo delle campagne a pagamento su Facebook, è molto probabile che chi le vedrà andrà ad approfondire - se è interessato a ciò che gli abbiamo fatto vedere - chi siamo. Atterrare su pagine desolate o che parlino di tutt’altre cose di certo non aiuterà a scaldare ulteriormente il nostro donatore.
Possiamo però scegliere all’interno della famiglia Facebook la piattaforma che riusciamo a seguire meglio o quella che - sulla base della buyer persona che abbiamo individuato - è più adatta ai nostri messaggi.
Allo stesso modo potremmo scoprire che, se il nostro obiettivo è andare a creare relazioni con le aziende e basta, potrebbe bastarci solo LinkedIn. Ma in mente dobbiamo sempre capire che non basta sapere usare bene un social media da utente per poter creare contenuti validi sulle nostre pagine né basta creare contenuti organici. La sponsorizzazione è ahimè necessaria soprattutto su determinate piattaforme.
Social media per il nonprofit: testare, analizzare, cambiare/rilanciare
Una volta stabilito l’obiettivo, capito qual è la buyer persona a cui ci rivolgiamo, scelto la/le piattaforma/e, creato il nostro piano e calendario editoriale, allocato il budget ci rimane solo di far testare e armarci di pazienza.
Non possiamo infatti pensare che persone che non ci hanno mai conosciuto donino solo sulla spinta di un’unica sponsorizzazione vista di sfuggita tra una metro da prendere, i piatti da lavare, una serie tv che sta vedendo. Comprereste un prodotto solo dopo averne vista una pubblicità di 20 secondi in televisione? No, cerchereste online per avere più informazioni e per capire cosa ne pensano altre persone che lo hanno provato. Chiederesti di persona o via whatsapp ad amici e parenti…Insomma, “i momenti di verità” (ossia quelli in cui facciamo un check su quello che ci interessa) sono ormai tanti e avvengono sia offline che online: lo stesso vale per una donazione.
Il processo che porta una prospect a diventare donatore è un processo che passa attraverso una fase di “riscaldamento” e avvicinamento che non accade sempre in poco tempo, ma sicuramente si basa sulla costanza e la coerenza dei messaggi che inviamo a questa persona e sulla nostra capacità di dialogo con essa.
Tutto questo comporta un periodo di comunicazione i cui risultati vanno analizzati: quello che sto postando funziona? No? Va spostato di giorno, di fascia oraria? Gli utenti cosa fanno maggiormente? Interagiscono soltanto con dei like, commentano?
Solo studiando i risultati si arriverà a un fine tuning nel modo di comunicare e ci avvicineremo al dialogo con loro. E lo stesso processo si applica alle campagne che vanno seguite regolarmente per capire se stiamo intercettando effettivamente il pubblico che pensavamo.
Nel corso Social: le strategie per il Terzo settore analizzeremo tutti questi aspetti, partendo dal come stilare la strategia di comunicazione social (senza tralasciare quale digital totale) fino al come creare campagne efficaci e analizzarne i risultati!