I temi su cui si concentra il Rapporto Caritas 2021 su povertà ed esclusione sociale sono: usura, sovra-indebitamento, crisi del settore turistico, scenario politico e finanziario e politiche di contrasto alla povertà. Il Rapporto si propone di cogliere ed evidenziare, a partire dalle esperienze dei territori, elementi di prospettiva ed esempi di risposta e resilienza delle comunità locali.
Sono proprio le comunità locali quelle che in quest'anno e mezzo di pandemia hanno permesso una triangolazione positiva tra i cittadini e le risposte nazionali ed europee, spesso facendosi carico di situazioni di marginalità e vulnerabilità. Riprendiamo un estratto dalla sintesi del Rapporto pubblicata su Welforum.

Le dimensioni dell’ostacolo: i dati Caritas sulla povertà in Italia

Nel 2020 la rete Caritas, potendo contare su 6.780 servizi a livello diocesano e parrocchiale, e su oltre 93 mila volontari, ha complessivamente supportato 1,9 milioni di persone. Di queste il 44% ha fatto riferimento alla Caritas per la prima volta. Disaggregando i dati per Regione emergono alcune importanti differenze territoriali: tra le Regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri” si distinguono la Valle d’Aosta (61,1%,) la Campania (57,0%), il Lazio (52,9%), la Sardegna (51,5%) e il Trentino-Alto Adige (50,8%). Allo stesso modo, emergono importanti differenze legate all’età: per i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 34 anni le nuove povertà pesano per il 57,7%.

La crisi socio-sanitaria ha non solo generato nuove povertà, ma ha anche acuito quelle preesistenti: cresce infatti la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più, che passa dal 25,6% del 2019 al 27,5% del 2020. Dai dati raccolti emerge anche come la povertà sia legata ad una forte vulnerabilità culturale e sociale, che impedisce sul nascere la possibilità di fare il salto necessario per superare l’ostacolo (il 57,1% degli assistiti ha al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3% e che nel Mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%).

Il 64,9% degli assistiti, pari a oltre 91 mila persone, dichiara di avere figli conviventi, in particolare minori (quasi 30 mila persone). Rispetto alle condizioni abitative, il 63% delle persone incontrate vive in affitto, il 10,5% abita in casa di proprietà, il 7,4% è ospitato temporaneamente o stabilmente da amici, il 5,8% è privo di un’abitazione e il 2,7% è ospitato in centri di accoglienza. Queste ultime percentuali si legano chiaramente alla condizione degli homeless, i cui numeri anche per il 2020 risultano tutt’altro che trascurabili: le persone senza dimora incontrate dalle Caritas sono state 22.527 (pari al 16,3% del totale), per lo più di genere maschile, stranieri, celibi, con un’età media di 44 anni e incontrati prevalentemente nelle strutture del Nord.

Delle persone sostenute dal circuito Caritas, oltre un terzo (37,8%) è supportato anche da servizi pubblici. Tra loro, la quota più consistente è costituita da chi è preso in carico dai servizi sociali dei Comuni (71,2%), seguita dalle ASL (3,7%), dal Sert (3,8%), dal CSM (3,7%) e dai servizi della giustizia (1,5%), talvolta anche in modo congiunto ad indicare la complessità e multi-problematicità di alcune storie incontrate. Inoltre, una persona su cinque (19,9%) dichiara di percepire il Reddito di Cittadinanza, quota che sale al 48,3% nelle Regioni del Mezzogiorno (contro il 23,4% del Nord e l’8,5% del Centro) e al 30,1% tra gli italiani (contro il 9,1% degli stranieri).

Dai dati raccolti da Caritas nel corso dei primi otto mesi del 2021, emerge come dei nuovi poveri seguiti nel 2020, le cui richieste di aiuto sono facilmente correlate alla crisi socio-sanitaria legata alla pandemia, oltre i due terzi (il 70,3%) non ha fatto più ricorso ai servizi Caritas. Si tratta di un dato che si presta a una lettura ambivalente: da un lato, un segnale di speranza e ripartenza ma, dall’altro, è bene ricordare come sussiste ancora un 29,7% di persone che continuano a “non farcela” e che rischiano di vedere cronicizzarsi la propria condizione di bisogno. Un ulteriore dato preoccupante è quello relativo ai cosiddetti poveri “intermittenti” (19,2%), che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno, collocandosi appena al di sopra della soglia di povertà, e che appaiono quindi in balia degli eventi economici-occupazionali (perdita del lavoro, precariato, lavoratori nell’economia informale) e/o familiari (separazioni, divorzi, isolamento relazionale).


Fonte: Welforum 

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