Secondo i dati UNHCR , sono 82,4 milioni le persone nel mondo costrette a fuggire. Di queste, oltre 34 milioni sono rifugiati internazionali e richiedenti asilo. In Italia, la narrazione mediatica determina spesso un'idea poco chiara di quello che è lo status di rifugiato, optando, buona parte delle volte, per un più ampio, generico e massificante raggruppamento che va sotto la voce di “immigrato”.
Senza addentrarsi in quella che ne risulta poi essere l'immagine stereotipata del fenomeno e tutte le conseguenze socio-politico che questo comporta, uno degli esempi che dimostra quanto la disinformazione determini una non corretta interpretazione della realtà ce lo dà ISPI, che propone un Fact Checking annuale sulle migrazioni, arricchito di riflessioni su flussi irregolari, presenze in Italia e risposte di policy italiane ed europee.
In Italia, ad esempio - citiamo il report - “da ottobre 2018, il c.d. “Decreto sicurezza” (poi convertito in legge il 1° dicembre 2018) ha di fatto abolito la protezione umanitaria, introducendo al suo posto una nuova “protezione speciale” tipizzata in maniera molto stretta e precisa. Per questa ragione, il numero di permessi per protezione umanitaria/speciale sono crollati da una media del 28% delle richieste d’asilo nel periodo 2015-2017 all’1% a seguito dell’adozione delle nuove misure.
Questo ha fatto parallelamente aumentare i dinieghi di protezione internazionale: se prima l’Italia concedeva una protezione (tra asilo, protezione sussidiaria e umanitaria) a circa 4 richiedenti asilo su 10 (il 42% nel 2017), il tasso di protezione è sceso a circa 2 richiedenti asilo su 10 (il 21% nel 2019)”.
Al di là di qualsivoglia dibattito nazionale sulle policy, più o meno adeguate, che sono state implementate negli ultimi anni, è utile partire da quella che è, nel diritto internazionale, la definizione riportata all'articolo 1A della Convenzione di Ginevra del 1951. Il rifugiato è colui “che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
Dunque, al netto di quello che è il - tutt'altro che ovvio - “dovere di accogliere” queste persone, è altresì compito di ogni Stato aderente alla Convenzione contribuire allo sviluppo di politiche sull’asilo e promuovere un dibattito pubblico informato. Solo in tal modo il processo di accoglienza dei rifugiati può assumere valore.
L'accoglienza non è solo burocrazia, non si tratta di una formalità, bisogna mettere in pratica un sistema di policy e di sensibilizzazione e informazione che permetta alla cittadinanza – cosiddetta “attiva” - di rendere effettiva, reale e significativa l'inclusione e l'integrazione di queste persone.
Si potrebbe dibattere a lungo su quanto una persona proveniente da un contesto socio-culturale nettamente differente e costretta a spostarsi per ragioni di qualsiasi natura “debba” essere integrata. Lasciare il proprio luogo di appartenenza significa perdere tanto, a volte tutto, significa talvolta essere costretti ad allontanarsi non solo fisicamente ma anche culturalmente da tanti aspetti che invece si potrebbe preferire tenere, portare con sé. Quello che le comunità accoglienti dovrebbero essere capaci di fare è pensare l'inclusione non come un necessario stravolgimento culturale, né come una perdita d'identità dell'altro per renderlo più simile. Anzi, è opportuno partire dall'abolizione della dicotomia “noi”/ “loro”.
Non è semplice a livello di comunità, sebbene le politiche possano contribuire molto, ma certamente siamo in grado di fare cose ben più difficili che accogliere.
A tal proposito vi proponiamo un bando, promosso da Ockenden International Charity del Regno Unito, che si occupa da più di 70 anni di fornire supporto ai rifugiati di tutto il mondo.
Annualmente apre un premio per sostenere progetti innovativi orientati a migliorare la vita dei rifugiati promuovendone l’autosufficienza e la fiducia in sé.
Il premio intende sostenere 4 progetti innovativi che migliorino la vita dei rifugiati in tutto il mondo. Per il presente bando è stanziato un budget complessivo di 100.000,00£ per 4 premi da 25000,00£. Possono partecipare al premio le organizzazioni non-profit di tutto il mondo con alti standard di governance finanziaria e amministrativa.
Scadenza: 30 novembre 2021
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Trovate tutti i riferimenti del bando scaricando la scheda di dettaglio a questo link, e a questo link trovate la selezione settimanale di ConfiniOnline delle opportunità di finanziamento per il Terzo Settore.