In Afghanistan, la crisi umanitaria è in rapida evoluzione. In risposta alla crisi molte ONG si stanno organizzando per fornire aiuti umanitari e risposte immediate alle emergenze. Action Aid, che dal 25 agosto ha riaperto l'ufficio di Kabul, sta cercando di assicurare le priorità nei campi degli sfollati, cibo acqua e servizi igienici. L'ospedale di Emergency a Kabul lavora senza sosta e i pazienti sono in sovrannumero. Refugees Welcome Italia promuove, invece, la mobilitazione dei cittadini per favorire la disponibilità di accoglienza dei profughi.

Dal 14 agosto, il giorno prima che la capitale afgana cadesse in mano ai taliban, più di 95mila persone hanno lasciato l’Afghanistan con uno storico ponte aereo, ma, come scrive David Smith  “gli attentati del 26 agosto compiuti dal gruppo Stato islamico (Is) a Kabul, in cui sono morti almeno sessanta civili afgani e 13 militari statunitensi, hanno interrotto le operazioni di evacuazione e trasformato una crisi in una catastrofe”.

Alberto Zanin, coordinatore di Emergency a Kabul, racconta la difficile situazione dal punto di vista del loro ospedale, dopo l’attentato all’aeroporto: “Abbiamo ricevuto più di 60 feriti, 16 sono morti all'arrivo o poco dopo. Abbiamo operato tutta la notte, lavorando senza sosta per salvare quante più vite possibili". Aggiunge "Le vittime presentavano ferite molto gravi, a causa dell’impatto diretto delle esplosioni. Attorno all’ospedale c’era il panico. Chi arrivava non riusciva a parlare, molti erano terrorizzati, con gli occhi totalmente persi nel vuoto, lo sguardo assente. Raramente abbiamo visto una situazione così".

È difficile immaginare come si evolverà la situazione, ma è indubbiamente necessaria una risposta immediata da parte di tutti. Sudipta Kumar, direttore nazionale di ActionAid Afghanistan, spiega: "Migliaia di famiglie fuggite dai loro villaggi, sono arrivate a Kabul, Mazar e Herat con nient'altro che i vestiti sulle spalle. Le donne incinte e le neomamme sono tra coloro che hanno più bisogno di aiuti. In un campo la nostra squadra di operatori umanitari ha saputo che circa 300 famiglie condividono un solo bagno. Tende della capienza di 10 persone vengono usate in 50. Siamo profondamente preoccupati, senza un soccorso immediato le famiglie pressate nei campi sfollati sono ad alto rischio di contrarre il Covid-19, inoltre siamo di fronte all’aumento della malnutrizione e ad una probabile crisi alimentare che si aggraverà da qui ai prossimi giorni".

In risposta alla crisi, ActionAid ha l’obiettivo di raggiungere 35.000 persone con interventi salvavita portando derrate alimentari, acqua potabile, servizi igienici e kit d’emergenza per l'igiene personale per donne e ragazze. L'organizzazione fornirà anche un supporto di consulenza psicosociale per le persone traumatizzate e sfollate nelle ultime settimane.

L'accoglienza è senza dubbio una delle risposte più efficaci e immediate a questa emergenza. Sebbene a livello politico e istituzionale sia necessario prevedere che le procedure avvengano in condizioni di sicurezza, è evidente la necessità di garantire quanto prima dei corridoi umanitari. Refugees Welcome Italia, in seguito agli attentati all'aeroporto di Kabul, ha ricevuto la richiesta da parte di famiglie pronte ad accogliere i profughi afgani. 

Fabiana Musicco, direttrice dell'organizzazione, informa che ci sono almeno due requisiti fondamentali per l'accoglienza: “accettare che la permanenza duri almeno sei mesi e una stanza da mettere a disposizione del rifugiato”. Refugees Welcome ha già all'attivo 300 convivenze su tutto il territorio nazionale. Si può fare richiesta di accoglienza attraverso un form da inviare all'organizzazione. “Prima di incontrare di persona le famiglie – spiega Musicco - facciamo un colloquio telefonico dove chiariamo che si parla di ospitalità di lungo periodo e poi fissiamo un appuntamento. Con le famiglie, intese in senso lato, facciamo un percorso di formazione, le aiutiamo a comprendere chi sono i rifugiati e da che situazione arrivano. È attraverso le relazioni che si costruiscono comunità diverse, queste sono un fattore decisivo affinché le persone possano sentirsi davvero accolte e orientate alla costruzione del loro progetto di vita”. In un secondo momento “i vari gruppi territoriali fanno un abbinamento tra l’ospitante e l’ospitato. Si incontrano, e solo allora firmano il patto di ospitalità. Gli attivisti territoriali sono sempre presenti in tutte le fasi dell’accoglienza”.

Refugees Welcome è un esempio emblematico di quello che si può fare e di come rispondere in maniera pragmatica a situazioni come queste. Come spiega la direttrice “Le istituzioni dovrebbero fare uno sforzo in più, i comuni sembrano favorevoli ma poi nei fatti il sistema è rigido, burocratico. L’accoglienza diffusa è un modello che può funzionare soprattutto nel nostro Paese dove i flussi migratori - benché spesso si voglia far passare un messaggio diverso - sono bassi, la pressione non è insostenibile. L’accoglienza diffusa quindi è praticabile e può crescere, in Italia ci sono le competenze per farlo”. 

Fonti: Vita, Internazionale

 

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