La Caritas diocesana di Reggio Emilia-Guastalla ha pubblicato i rapporti Povertà e Risorse, con i dati sulla povertà 2020: il 50% delle persone che si sono rivolte a Caritas lo hanno fatto per la prima volta, aumentano le persone senza fissa dimora e i giovani e diminuisce il numero delle donne. I dati, in linea con quelli raccolti dalla Caritas a livello nazionale, confermano un problema strutturale della società.
La frase che sintetizza l'intero rapporto è la seguente: “Chi era fragile e in bilico si ritrova in povertà, mentre si aggrava la condizione di chi era già in difficoltà”. Sono 7 i rapporti presentati dalla Caritas diocesana di Reggio Emilia-Guastalla, basati su un’osservazione su due livelli: a livello centrale tramite il Centro di ascolto Caritas diocesano, la mensa e l’ambulatorio di Via Adua e le strutture di accoglienza. A livello periferico attraverso le esperienze dei 47 centri di distribuzione alimentare presenti in tutto il territorio diocesano (che comprende anche Sassuolo).
A livello centrale, il dato macroscopico è che aumentano i nuovi poveri. Rispetto agli anni precedenti, in cui si è riscontrato un costante aumento della cronicità, nel 2020, ben il 50% delle persone che si sono rivolte a Caritas lo hanno fatto per la prima volta. L’altro dato che emerge, è l’aumento delle persone senza dimora, di due punti percentuali rispetto all’anno precedente. Queste rappresentano il 42,3 per cento del totale. Aumentano anche le persone di nazionalità italiana: gli italiani, fra le persone incontrate, salgono nel 2020 quasi al 25% : “un dato in sensibile aumento di anno in anno e che, se rapportato con quello di dieci anni fa, vede un raddoppio in termini di percentuale”. La componente femminile, invece, vede una riduzione al proprio interno di oltre quindici punti percentuali e, contestualmente, aumentano i giovani. Per quanto riguarda la classe d’età, rispetto anche agli anni precedenti, è stato osservato “un certo livellamento fra le diverse classi (fatta eccezione per quella oltre i 65 anni), parzialmente più rappresentate nella fascia 35-44 anni e 45-54 anni. Ma è una differenza non così significativa, al contrario ciò che colpisce è l’aumento dei ragazzi fra i 19 ed i 24 anni che nel 2020 sono quasi 200”.
A livello periferico, aumenta la povertà alimentare e quella delle famiglie. Complessivamente sono state seguite ben 2.787 famiglie, un aumento del 25% rispetto al periodo precedente a marzo 2020.
Un dato positivo, nella drammaticità della pandemia, riguarda invece l'aumento e il rafforzamento della rete di collaborazioni della Caritas con altri soggetti pubblici e privati, a testimonianza di un interesse comune verso questa enorme problematica strutturale del Paese. Come sottolineano le riflessioni all'interno della presentazione dei rapporti, la povertà non è un problema transitorio legato al contesto pandemico, ma un problema più radicato, che richiede da un lato un intervento strutturale e politico per essere contrastato, dall'altro un impegno “per rompere la spirale, la trappola della povertà, cambiando dinamiche che riguardano tutto il sistema paese”. Il riferimento è anche all'atteggiamento di tutti verso questo fenomeno, o meglio, verso le persone, che vengono prima degli interessi economici. “Occorre cercare di concentrare gli interventi privilegiando quelli volti a ricostruire o rinforzare il tessuto sociale, creando occasioni di relazione e scambio fra i cittadini, orientate non solo all’occupazione del tempo libero, ma anche alla risposta ai bisogni essenziali, con progetti che superano la logica del “noi e loro” e che cercano concretamente di costruire un nuovo modello di società basata su un economia di relazione e prossimità, che, invece di espropriare risorse all’ambiente e alla società, li rafforza e rinnova”.
L'esperienza di questo duro periodo di pandemia può, in un certo senso, portarci a essere più empatici verso gli altri, essere capaci di immedesimarsi e di comprendere che il reale aiuto nasce all'interno di relazioni e che le relazioni nascono solo se ci si riconosce umanamente come persone ugualmente degne degli stessi diritti. Il sostegno delle reti che promuovono comunità, la creazione di spazi di relazione e la condivisione delle risorse sono un modo pratico di ripensare i servizi piuttosto che le prestazioni da erogare, quindi una strada perseguibile per una valida ripartenza.
L'impegno attivo della Caritas diocesana di Reggio Emilia, in questo senso, passa, ad esempio, attraverso le mense diffuse o le locande, inoltre la loro scelta dell'ospedale da campo come modello organizzativo, impone uno spostamento verso le categorie maggiormente fragili, in particolare le persone senza fissa dimora.