A consegnare i premi, nella sala dedicata proprio a don Luigi, il presidente della provincia di Roma, Enrico Gasbarra, e il presidente del comitato scientifico della Fondazione Internazionale don Luigi Di Liegro, Giovanni B. Sgritta. La giuria - presieduta da Giovanni B. Sgritta è composta, quest'anno, da Sandro Barlone S.J., Oliviero Beha, Sandro Donati, Gianni Mura, Luca Pancalli, Gianni Rivera. Il Premio don Luigi Di Liegro per il Giornalismo e la Ricerca sociale prende le mosse da due intuizioni del fondatore della Caritas romana: il ruolo decisivo dei mass media nella rappresentazione dei maggiori fenomeni sociali; la necessità di unire all'azione solidale una approfondita conoscenza della realtà sociale. Coerentemente con lo spirito che animava don Luigi, "il Premio vuole dare un riconoscimento a giornalisti e ricercatori sociali che si segnalano per la volontà di scoprire, raccontare, studiare i nodi critici del vivere sociale, le contraddizioni e i punti di caduta del Paese, nella convinzione che troppe poche energie - anche nel mondo del giornalismo e della ricerca sociale - si impegnino oggi nel descrivere i cambiamenti che il nostro Paese sta attraversando nei concreti contesti sociali ed economici". "Con l'edizione di quest'anno, - spiegano i promotori - abbiamo inteso segnalare all'opinione pubblica contributi rilevanti per una migliore comprensione delle molte facce della pratica sportiva, da quella di vertice con i tanti problemi che l'affliggono - dalla corruzione al doping - a quella di base, in grado ancora di offrire esperienze positive a tante persone, comprese coloro che vivono particolari condizioni di disagio".
Il Premio don Luigi Di Liegro per il giornalismo e la ricerca sociale è stato assegnato ancora a Gianni Minà, "per l"impegno mostrato in questi anni nel trattare lo sport sottraendolo al recinto dell'informazione di settore, trattandolo come un fenomeno sociale che non riguarda solo l'evento sportivo, ma anche dimensioni politiche, economiche e culturali". "Per aver messo al primo posto le persone - con le loro virtù e le loro fragilità. - prosegue la motivazione - Infine, per non aver mai esitato a prendere posizioni "scomode" e a denunciare fatti gravi e delicati, pagando questa scelta duramente, anche con l'emarginazione professionale dalle televisioni e dalle grandi testate nazionali. Riconoscimento anche per Rosalba Altopiedi, autrice di una tesi di dottorato su "Il doping nello sport d'elite. Discorsi e pratiche delle organizzazioni sportive", "uno dei pochissimi studi esistenti nel nostro Paese ad applicare, con pregevole livello di analisi, gli strumenti dell'indagine sociologica al fenomeno del doping nello sport di vertice" recita la motivazione. Secondo la giuria "Rosalba Altopiedi ha saputo focalizzare alcune matrici del doping esaminando il contesto istituzionale in cui esso si manifesta, senza il timore di mettere a nudo le responsabilità delle massime istituzioni sportive. Un lavoro di ricerca lungo e difficile, durante il quale l'autrice non si è mai lasciata scoraggiare dalle tante porte che le si sono chiuse".
Per il docufilm "La partita infinita", prodotto dalla Uisp Piemonte e da Zenit Arti Audiovisive, il premio è andato poi a Massimo Arvat. Il film racconta le storie di cinque pazienti psichiatrici che fanno parte della "Selezione Matti per il Calcio", una squadra formata dai migliori giocatori del campionato di calcio organizzato in Piemonte dalla Uisp e dai Dipartimenti di Salute Mentale piemontesi, e gli allenamenti che tutta la Selezione ha svolto in vista della partita con la Nazionale Scrittori, avvenuta nel maggio 2006. Premio a Volfango De Biasi e Francesco Trento, autori del film "Matti per il calcio", protagonisti 15 pazienti psichiatrici, l'ex calciatore e lo psichiatra-allenatore della squadra del Gabbiano, vincitrice del campionato di calcio per pazienti psichiatrici organizzato dalla Uisp Lazio insieme ai Dipartimenti di Salute Mentale laziali. "Ambedue i film hanno il merito di illustrare in modo ironico e insieme poetico la passione per il calcio di persone che vivono, nel contempo, le fatiche della loro condizione di disabilità e di raccontare la capacità dello sport, e del calcio in particolare, di contrastare la stigmatizzazione della malattia mentale e di diventare fattore di integrazione sociale. - spiega la giuria - Un calcio lontano dai grandi interessi economici, dove sport e disagio mentale, divertimento e follia vengono affrontati con grande naturalezza e semplicità.
Infine ad Antonio Roversi, uno dei principali sociologi dello sport italiani, da poco scomparso, è andato invece un premio alla memoria; mentre altri due riconoscimenti sono statai assegnati al Progetto Filippide, rivolto a giovani con problemi di autismo coinvolti nella corsa lunga, e al "Progetto Medaglie dei Giovani Saharawi per lo Sport italiano", promosso dal Cirps (Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo sostenibile) dell'Università "La Sapienza" di Roma.