Di rendicontazione, di impatto e di responsabilità sociale degli ETS si parla tanto in questo periodo. Ma se, a forza di parlare, si finisse per crederci? Forse bisognerebbe cominciare a riflettere su quanto la risorsa “organizzazione” sia importante nel rendere gli ETS capaci di rispondere efficacemente alla richiesta di “valore sociale”. Poniamo la domanda specifica: può il Codice Etico (CE) diventare uno strumento nelle mani del management per promuovere l’innovazione organizzativa finalizzata, a sua volta, ad innescare e sostenere l’innovazione sociale?
Nell’articolo “Compliance, Etica e Organizzazione” abbiamo ipotizzato un modello di governance integrata, che faccia “tesoro” dei vari strumenti e approcci disciplinari che compongono la compliance aziendale. In particolare, abbiamo delineato i possibili punti di contatto tra la “legge 231” e la rendicontazione sociale. In questo post proviamo ad approfondire il Codice Etico in quanto strumento di “contatto” dei due strumenti.
L'applicazione della legge 231 richiede l’elaborazione di un modello organizzativo (MOG) secondo una logica normativa che, per sua natura, è prescrittiva e integrata da un sistema sanzionatorio. Il Bilancio Sociale (BS) è uno strumento che comunica l’assunzione di responsabilità aziendale nei confronti degli stakeholder e il raggiungimento dei relativi risultati. BS e MOG, di fatto, narrano “stralci” di vita aziendale: come i comportamenti organizzativi dei singoli e lo stesso modello di governance si mettono in motto per raggiungere gli scopi istituzionali e strategici dell’ente. Nel caso del BS, la logica non è tanto prescrittiva, quanto narrativa e quindi ex post. Allo stesso tempo, i modelli organizzativi vanno sempre di più verso una maggiore fluidità (dalle strutture ai processi) e una maggiore autonomizzazione delle singole unità e/o degli operatori; entrambe le tendenze richiedono, come contrappeso, elementi di rafforzamento dei processi identitari e di creazione di coesione organizzativa. Nasce l’esigenza di “regolare” i comportamenti dei singoli, non solo in una logica preventiva e prescrittiva, ma anche auto-regolativa, che consente di ri-orientare l’operatività, ricercando l’equilibrio tra la logica lineare della pianificazione “tradizionale” e quella “circolare”, dove, grazie al monitoraggio dinamico, obiettivi, azioni e risultati da raggiungere sono in continua ridefinizione.
Il rapporto con i propri stakeholder porta gli ETS a valorizzare la mission e la dimensione etica – valoriale attraverso la focalizzazione non solo dell’output, ma soprattutto dell’outcome, che evidenzia con maggiore efficacia il valore sociale generato. Ciò è vero soprattutto in questo periodo, dove gli ETS si trovano impegnati a gestire l’ordinario, efficientare l’operatività, ma allo stesso tempo anche a scoprire il nuovo e promuovere l’innovazione sociale.
In questo contesto, la persona singola e i suoi comportamenti diventano centrali, quindi, il Codice Etico vuole essere uno strumento per presentare agli stakeholder come la mission e i valori si trasformano, nel concreto, in un sistema di doveri e diritti, che guida l’operato e il comportamento di tutti i soggetti interessati, che tende a raggiungere l’equilibrio tra tre esigenze spesso contrapposte tra loro, che caratterizzano oggi (più che in passato) i modelli organizzativi: Collaborazione, Autonomia e Controllo (visione d’insieme).
Il Codice Etico, da folclore o mainstreaming, può diventare uno strumento da mettere al centro del modello di governance e della politica di gestione delle risorse umane e di sviluppo delle competenze professionali, sia per evitare comportamenti illeciti (MOG), sia per garantire la generazione di valore (Rendicontazione sociale).
Di Martina Fumi e Theofanis Vervelacis
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