È stata pubblicata la 15esima edizione del Global Gender Gap report 2021 del World Economic Forum: a un anno dall'inizio della pandemia, le conseguenze economiche hanno ampliato le disparità di genere. Serviranno 135,6 anni per raggiungere la parità di genere.
Con il termine Gender gap si indica il divario esistente tra uomini e donne in diversi ambiti che impattano profondamente sulla vita quotidiana e il suo svolgimento: salute, lavoro, educazione, accesso alle attività economiche e così via. Il World Economic Forum è uno degli organi più attendibili che monitora il divario di genere. È stato creato il cosiddetto Gender Gab Index, un indice costruito su quattro indicatori: partecipazione e opportunità economica, sviluppo educativo e istruzione, salute e benessere, ed empowerment politico. Sulla base di questo, sono stati comparati 156 paesi nel mondo.
La prima evidenza che emerge dal rapporto è il divario che separa le donne dagli uomini nel lavoro: se dovessimo continuare con questo andamento, per chiudere il gap, saranno necessari 267,6 anni. L'’evoluzione complessiva, che tiene conto dei quattro ambiti di analisi del report (politica, economia, educazione e salute), vede la parità raggiunta entro 135,6 anni, rispetto ai 99,5 anni ipotizzati nel rapporto dello scorso anno.
In podio alla classifica, ancora una volta, troviamo il Nord Europa, con Islanda, Finlandia e Norvegia. L'Italia, rispetto all'anno precedente, guadagna 13 posizioni, salendo dal 76° al 63° posto, ma restando comunque tra i più bassi in Europa. La spinta maggiore al miglioramento è venuta dalla politica, dove l'Italia occupa il 41esimo posto in classifica, arrivando addirittura al 33esimo posto se si tiene conto delle donne nell'esecutivo. Peggiora, invece, rispetto al divario nella partecipazione economica, che ci vede scivolare dall'87° al 114° posto. Nel rapporto viene evidenziato che «ci sono 24 punti percentuali fra l’Islanda con l’84,6% (la prima nella classifica globale, ndr) e l’Italia con il 61,9%, il livello più basso della regione».
Come abbiamo raccontato in un precedente articolo sulla disoccupazione femminile e come ha commentato con Il Sole 24 Ore il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, con la pandemia, la situazione è ulteriormente peggiorata, «perché sempre più spesso le donne sono state le prime costrette a rimanere a casa e, purtroppo, in molti casi non sono tornate al lavoro. In questo ha molto inciso anche il divario salariale».
È auspicabile dunque che tutti i paesi, e in particolare l’Italia, tengano conto di questi dati nelle misure di sostegno e negli interventi concreti per la ripresa socio economica post pandemia.
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Fonti: We Economic Forum, Il Sole 24 Ore