«Finché si rimane nella logica dell'intervento pubblico da un lato - spiega - e del privato immobiliare dall'altro, non si riuscirà mai a dare una risposta adeguata al problema abitativo. Il mercato immobiliare, è sotto gli occhi di tutti, non è in grado di rispondere così com'è ai bisogni della gente. L'edilizia popolare, nei suoi sviluppi pur auspicabili, intercetterà sempre un numero residuo di persone, una fascia strettissima di popolazione. La maggior parte dei cittadini, il tessuto vivo della società: lavoratori, giovani, famiglie, non vengono intercettati da questa offerta immobiliare, le fasce intermedie rimangono escluse. Alle loro esigenze è in grado di venire incontro il sistema della cooperazione edilizia - quando è ?vera' - che è in grado già oggi in alcune metropoli di offrire case di qualità sotto il prezzo di mercato anche del 40%, e così per gli affitti. Ma è un sistema che va rilanciato e sul quale occorrerebbe investire maggiormente».

Nella storia delle Acli il problema della casa ha rappresentato uno dei punti significativi dell'azione sociale dell'Associazione. Dal sostegno alla ricostruzione edilizia dopo il periodo bellico, all'attenzione all'insediamento dei lavoratori nelle periferie e nelle borgate; dall'impegno sull'equo canone per modificare il regime degli affitti, al coinvolgimento nell'attività delle cooperative edilizie, per consentire un protagonismo attivo delle persone nella costruzione della propria abitazione. «Oggi questa tradizione va rilanciata e rinnovata - afferma il presidente Olivero - riscoprendo il valore della cultura mutualistica e delle opportunità che essa è in grado di offrire, in questo settore come in altri, in termini di crescita delle persone, di benessere diffuso e di democratizzazione dei processi economici».

Per rilanciare la cooperazione abitativa le Acli chiedono allo Stato e al Governo di «reimpostare innanzitutto una politica nazionale sul tema della casa».
«Prima ancora che una questione di soldi, di risorse - spiega Olivero - è questione di una regia complessiva che manca, di una progettualità che abbia chiarezza di obiettivi e di strategia. Lo Stato in questi anni si è tirato in dietro, ed ora è apprezzabile ma non basta l'attenzione all'edilizia popolare in Finanziaria. Con una logica, tra l'altro, che richiama il passato. Invece di pensare a costruire case, lo Stato dovrebbe stabilire e favorire le condizioni che consentano ad altri di farlo, secondo criteri di responsabilità sociale. Passando per un riordino e una semplificazione della normative che riguardano l'urbanistica, l'edilizia, il tema degli affitti. Occorre per questo un forte coordinamento nazionale animato da una spinta riformista, che sappia e voglia inserire il privato sociale e mutualistico tra i pilastri della politica abitativa».

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