Un 2020 che si chiude con un altro femminicidio, quello di una donna sola e determinata, che in un paese straniero ha saputo creare un modello in contrapposizione a molti dei disequilibri insiti nella nostra società. Agitu Idea Gudeta è un esempio di donna imprenditrice agricola, in un settore prevalentemente maschile, promotrice di uno stile di vita e di un allevamento sostenibile, strenua oppositrice del land grabbing in Etiopia, e simbolo di integrazione in un Paese come il nostro che deve ancora compiere tanti passi avanti.
Agitu è arrivata in Italia a 18 anni per studiare sociologia all’università di Trento. È poi tornata in Etiopia, da dove è dovuta fuggire nel 2010, proprio perché denunciava “gli espropri forzati dei terreni agricoli, voluti dal governo a spese dei contadini locali per favorire le multinazionali che li usano per coltivare cereali e monocolture destinate all’esportazione”. Da allora, gestiva un allevamento di capre e un caseificio nella valle dei Mocheni, in Trentino, con l’obiettivo di recuperare le razze caprine autoctone e valorizzare i terreni del demanio, abbandonati dagli allevatori locali nel corso degli ultimi decenni. Negli anni aveva ricevuto diversi attacchi razzisti, aggressioni fisiche, minacce di morte per la sua attività, ma era riuscita ugualmente a realizzare il suo sogno, con le sue capacità e la solidarietà di una comunità.
Ricordare la sua storia è importante, non solo per ribadire ancora una volta la vergogna di un Paese che ha visto aumentare i femminicidi del 5 per cento nel 2020, ma anche perché trarre insegnamento dalla sua vita e dal suo coraggio riteniamo sia il modo migliore per renderle omaggio.
La tragica morte di Agitu, così come le minacce e le violenze subite negli anni a seguito delle sue scelte coraggiose, sono dei fatti che dovrebbero imporre a tutti noi una
riflessione e un interrogativo sulle nostre capacità di accogliere.
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