Il Coronavirus ha messo l’Italia in ginocchio, ponendola di fronte ad una serie di sfide sanitarie, sociali, etiche ed economiche inedite. Per quanto sconosciuto alla scienza, non si tratta né di un fenomeno isolato, né di un problema nuovo. La pandemia ha fatto venire a galla le conseguenze di una serie di vecchi problemi che hanno acuito numerose situazioni di vulnerabilità, emarginazione e sofferenza.
I nodi sono venuti al pettine in un clima d’incertezza e paura circa il proprio e altrui futuro, che ha riportato alla memoria vecchi ricordi che nei Paesi occidentali si pensavano archiviati.
È indubbio che in questi mesi in cui il sistema sanitario si è trovato sull’orlo del collasso e il sistema economico si sta confrontando con una crisi senza precedenti, il Terzo settore nelle sue varie forme – dal volontariato alla componente più imprenditoriale – abbia svolto un ruolo fondamentale. Il Terzo settore ha da una parte continuato a garantire i propri servizi contro ogni ostacolo, dalla mancanza di DPI, alla presenza di indicazioni contrastanti da parte delle autorità pubbliche; dall’altra, un numero significativo di organizzazioni è stata in grado di modificare in poche settimane la propria offerta di servizi e si è impegnata per assicurare servizi essenziali ai cittadini e alle comunità in cui operano, ponendo particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione.
Nell’analizzare le peculiarità e le linee evolutive del Terzo settore, molti intervistati si sono soffermati sulla capacità di queste organizzazioni di leggere e intercettare i bisogni a fronte di un’inappropriatezza strutturale delle unità sanitarie locali (Intervista#10). E questa capacità appare tanto più spiccata quanto più il Terzo settore è radicato sul territorio e incline a collaborare con altri attori secondo logiche di coprogettazione.
Richiamando i valori della solidarietà, mutualità e partecipazione, gli intervistati concordano che le organizzazioni di Terzo settore potrebbero contribuire a rispondere a un più ampio insieme di bisogni sanitari e sociosanitari la cui mancata soddisfazione è all’origine di numerose criticità. Molti ritengono che la capacità del Terzo settore di stimolare un’evoluzione del sistema grazie alla contaminazione di pensieri che esso innesca, non sia adeguatamente valorizzata e andrebbe potenziata soprattutto nello sviluppo della medicina territoriale in una logica di continuità con la medicina ospedaliera.
Gli ambiti di natura sociosanitaria in cui gli intervistati ravvisano potenzialità di sviluppo per il Terzo settore, sia quello di natura imprenditoriale sia la componente che si avvale principalmente di volontari, sono molteplici. Riguardano tutti quei settori dove il pubblico fatica ad intervenire e il settore for profit non ha interesse ad investire, perché scarsamente remunerativi. Questi spaziano dalle attività di promozione della salute, come l’educazione sanitaria, l’informazione e la formazione al fine di favorire la prevenzione delle malattie, le attività di advocacy per pretendere una maggiore accountability, le attività di auto-aiuto per gruppi fragili, la co-produzione e co-gestione di servizi locali.
Tra i servizi che potrebbero essere offerti da organizzazioni del Terzo settore con una maggiore connotazione imprenditoriale, rientrano i programmi di screening e gli interventi di natura sociosanitaria che presuppongono la costruzione di reti di supporto attorno al paziente e alla famiglia. Un ambito dove il Terzo settore svolge un ruolo prezioso che potrebbe essere ulteriormente potenziato è quello delle cure palliative, una medicina semplice e fino a pochi anni fa fortemente trascurata
Un’area dove il Terzo settore ricoprirà verosimilmente un ruolo crescente nei prossimi anni è la gestione delle cronicità e degli anziani soli. In particolar modo, s’intravedono spazi di sviluppo nell’ambito delle cure domiciliari ad anziani fragili e persone con disabilità accompagnate a forme dell’abitare sociale congruenti. Un’area aggiuntiva d’intervento, recentemente riscoperta, è quella della collettivizzazione dei rischi connessi alla salute, garantita dai sistemi mutualistici, che non si sostituiscono ma si affiancano all’assistenza pubblica, dando risposte più mirate ai propri soci a fronte di un costo contenuto. Si tratta di un’interessante integrazione del servizio sanitario pubblico che, in un’ottica di welfare sociale (a differenza del business delle assicurazioni), presenta potenzialità di sviluppo anche alla luce della recente Riforma del Terzo Settore.
Trovate l'articolo completo in merito all'inchiesta di Giulia Galera sul numero di Impresa Sociale a questo link.
In merito alle novità trentine nel Terzo Settore citiamo l'apertura delle iscrizioni alla XXV edizione del Master G.I.S. – Master Universitario in Gestione di Imprese Sociali, promosso dall’Università di Trento e da Euricse.
L'obiettivo del Master GIS è quello di formare i nuovi “manager del sociale”: persone in grado di comprendere la complessità del contesto economico e sociale e di operare coniugando efficacia ed efficienza imprenditoriale con benessere collettivo.