E' uscito il report dell’ Osservatorio sulla povertà educativa, curato da "Con i Bambini- impresa sociale" e "Fondazione openpolis" nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
L’emergenza coronavirus ha messo a nudo ritardi strutturali sia sul fronte dell’accesso alle tecnologie (rete e dispositivi) sia sulle competenze digitali, con profondi divari territoriali, tra Nord e Sud ma non solo.
Il 12,3 per cento dei ragazzi non possiede un pc o tablet, quota che arriva al 20 per cento nel Mezzogiorno. La Calabria, regione meno connessa d’Italia è distante di circa 14 punti dal Trentino Alto Adige, la più connessa. Oltre 1 milione di minori vive in comuni dove nessuna famiglia è raggiunta dalla rete fissa veloce.
Rossi-Doria (Con i Bambini): “Siamo davanti a un significativo fattore discriminante per la crescita di bambine, bambini e adolescenti. Non è sufficiente fornire temporaneamente un dispositivo della scuola, lo Stato dovrebbe garantire alle famiglie in povertà la possibilità di accesso a internet veloce e almeno un computer dedicato ai ragazzi”
In Italia vivono 9,6 milioni di minori, durante il lungo lockdown 8 milioni e mezzo di bambini e ragazzi sono rimasti a casa. Uno scenario che ha acuito una serie di disagi preesistenti. Il 41,9 per cento dei minori, ad esempio, vive in una abitazione sovraffollata e il 7 per cento affronta anche un disagio abitativo (problemi strutturali). La povertà cresce al diminuire dell’età (la fascia 0-17 anni è quella dove l’incidenza della povertà assoluta resta maggiore) e, parallelamente, cresce all’aumentare del numero di figli: più una famiglia è numerosa, più è probabile che si trovi in povertà assoluta (circa il 20 per cento delle famiglie con 3 o più figli si trova in povertà assoluta). È di questo quadro sociale che dobbiamo tenere conto quando segnaliamo che l’emergenza ha imposto (o ribadito) alcune esigenze, in termini di digitalizzazione.
Il divario digitale si va infatti a sommare ai fattori di disuguaglianza già esistenti: dalla condizione sociale al luogo di residenza. Basti pensare al gap in termini di velocità della rete vissuto dai ragazzi che abitano nelle aree interne (in Umbria, ad esempio, il 7 per cento delle famiglie senza internet imputa il motivo all’assenza di banda larga). Oppure alla disparità subita dalle famiglie che non possono garantire ai propri figli computer adeguati e connessioni veloci. (il 5,3 per cento delle famiglie con un figlio non può permettersi l’acquisto di un pc).
I ritardi da recuperare sono molti, e sono tutti riconducibili a un processo di digitalizzazione non ancora abbastanza inclusivo per i minori e le famiglie. Ce lo mostra, tra le altre cose, la quota di famiglie che prima della crisi dichiarava di non avere internet a casa per motivi economici, in particolare nel Mezzogiorno. Il 12,3 per cento dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni non possiede un pc o tablet a casa, quota che aumenta considerevolmente al Sud (20 per cento).
Mentre l’Europa si prepara alla sfida della gigabit society, partendo non a caso proprio dai luoghi dove si formano le conoscenze di bambini e ragazzi per realizzare una società sempre più interconnessa, l’Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee. Siamo al 25esimo posto su 28 nella classifica DESI 2020 (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società) seguiti solo da Romania, Grecia e Bulgaria. Il nostro paese è al 22esimo posto su 28 nella quota di famiglie con accesso a internet da casa nel 2019, mentre il 2 per cento delle famiglie con figli non ha internet a casa per motivi legati al costo. Il doppio della media Ue.
Allo stesso tempo, restano ancora profondi i divari tra le diverse regioni italiane. A fronte di una media nazionale del 76,1 per cento di famiglie connesse, restano indietro soprattutto le regioni meridionali. La Calabria con il 67,3 per cento (quasi 9 punti al di sotto della media nazionale) mantiene invariato il ritardo rispetto alla regione più connessa (il Trentino Alto Adige, 81,1% con una differenza di 13,8 punti percentuali. Seguono Molise e Basilicata (69%), Sicilia (69,4%) e Puglia (69,6%). Con l’eccezione della Sardegna, nessuna regione del Sud ha una quota di famiglie con accesso a internet superiore al dato nazionale.
Oltre 1 milione di minori vive nei 4 mila comuni dove nessuna famiglia è raggiunta dalla rete fissa a 30Mbps. Nella classifica delle province con più minori in comuni non raggiunti dalla rete fissa di banda larga veloce, ai primi tre posti troviamo tre territori meridionali (Nuoro, Isernia, Oristano).
Le aree metropolitane registrano la quota più alta di famiglie che dispongono di una connessione domestica (80,4 %). Nonostante una crescita significativa (+23,8 punti), i piccoli comuni con meno di 2.000 abitanti restano quelli con meno famiglie connesse. Tra le cause, il costo e la copertura della rete dove si abita. Al Nord, l’alto costo del collegamento è indicato dal 6-7 per cento di chi non ha una connessione a internet, quota quasi doppia al Sud e nelle isole con l’11,9 per cento delle famiglie senza internet. La Campania è la regione con più famiglie che segnalano gli ostacoli legati al costo (14,3%).
Le competenze digitali dei giovani, sono molto distanti dalla media europea. In termini di competenze (email, videochiamate, trasferimento file, utilizzo software, ecc), secondo l’indicatore dell’Eurostat, in Italia la quota di giovani tra 16 e 19 anni che padroneggiano gli strumenti digitali è più bassa (64%) rispetto alla media UE (83%) con oltre 20 punti di distacco da Regno Unito, Germania e Spagna.
Siamo penultimi (26 su 28) nella classifica dei paesi Ue dove i giovani leggono di più i giornali online. E anche qui con forti differenze sociali interne. Quasi il 74% degli studenti di famiglie avvantaggiate usa internet per leggere notizie, mentre tra quelli svantaggiati la quota scende a poco più del 60%.
Si tratta di un gap che, come tutti quelli emersi dal rapporto Con i Bambini – Openpolis, ci parla di disuguaglianze che vanno ben oltre quelle digitali. Riguardano il diritto dei minori a non cadere nella trappola della povertà educativa. Senza un vero percorso educativo, il solo utilizzo del pc a scuola non comporta competenze più elevate. La faglia del divario digitale si sta progressivamente spostando dall’accesso all’uso che viene fatto della rete.
Un divario educativo interno e con gli altri paesi Ue che non potrà essere compensato solo con più computer e tablet. Senza questa consapevolezza, nessun provvedimento, da solo, sarà sufficiente a recuperare i ritardi. Perché non stiamo parlando solo di divari tecnologici, comunque gravi ma risolvibili attraverso interventi economici mirati ed efficaci. Stiamo parlando di disuguaglianze sociali radicate, profonde, per cui serve una strategia di lungo periodo, sinergica con quella per il contrasto della povertà educativa.
Fonte: Report dell'Osservatorio Povertà educativa