Gasparrini (Domina): “In Italia la situazione è migliore che in altri
paesi: licenziamenti aumentati del 15% rispetto al 2019. Ma non sappiamo
quanti siano gli irregolari: la maggior parte di loro ha perso il
lavoro e non ha alcun supporto. Si affidano alla solidarietà o finiscono
nella mani della malavita”
55 milioni di colf e badanti in tutto il mondo hanno perso o rischiano
di perdere il lavoro a causa della pandemia: è quanto rivela l'Ilo, che
due giorni fa ha convocato rappresentanti dei lavoratori e dei datori di
lavoro provenienti da Repubblica Dominicana, Kuwait, Malaysia, Togo e
Italia, in occasione del webinar ILO “International Domestic Workers’
Day: Making decent work a reality beyond COVID-19". La maggior parte di
questi lavoratori (37 milioni) sono donne. La regione più colpita è il
sud-est asiatico e Pacifico con il 76% dei lavoratori a rischio, seguito
dalle Americhe (74%), Africa (72%) ed Europa (45%). Il problema è
comune a tutti i continenti.
Per l'Italia, era presente all'incontro Lorenzo Gasparrini, segretario
generale di Domina, a cui abbiamo chiesto di approfondire la situazione
nel nostro Paese. “Sicuramente è meno drammatica che in altri – ci
spiega – se consideriamo che in alcune parti del mondo i lavoratori
domestici sono veri e propri schiavi. Anche l'aumento dei licenziamenti è
contenuto: parliamo del 15% in più rispetto al 2019. Ma la fragilità di
colf e badanti si è aggravata moltissimo anche nel nostro Paese e i
sostegni ideati dal governo non sono sufficienti, pur rappresentando un
importante passo avanti verso il riconoscimento di un lavoro definito
essenziale, soprattutto quando riguarda l'assistenza agli anziani”.
Lavoratori domestici licenziati...
Cosa è successo, allora, nei mesi del lockdown? E quali sono ora le
prospettive future? “La situazione ha avuto varie fasi – ci spiega
Gasparrini - All'inizio, con lo scoppio della pandemia, ci si è trovati
davanti a una grande difficoltà, perché nel lavoro domestico è spesso
inevitabile il contatto fisico. Da una parte paura abbiamo registrato la
paura delle famiglie: soprattutto le badanti a ore e le colf hanno
dovuto interrompere l'attività lavorativa. Diversa la situazione delle
badanti conviventi, che di fatto hanno formato con il loro assistito un
nuovo nucleo familiare, chiudendosi in casa”. Dal punto di vista
economico, “soprattutto a marzo, le famiglie hanno generalmente dato
ferie o sospeso l'attività, continuando però a garantire la
retribuzione. Ad aprile sono invece arrivati i primi licenziamenti,
specialmente per le colf, meno per le badanti. Inizialmente questi
lavoratori licenziati non potevano contare su alcun tipo di sostegno da
parte dello stato, che nel Cura Italia li ha in un primo momento esclusi
o dimenticati”.
… e famiglie italiane abbandonate
Ma c'è anche un altro scenario, diverso ma simile, che si è verificato
con l'inizio del lockdown: quello delle “colf e sopratutto delle badanti
che hanno “abbandonato” le famiglie presso cui lavoravano, per tornare
nel proprio Paese, in fuga da una pandemia che all'estero veniva
presentata come tutta italiana. Questo ha creato chiaramente difficoltà
in molte famiglie, che contavano sul servizio 'essenziale' svolto da
questi lavoratori”. E' stata allora la donna a farsi carico di ciò che
prima era in capo ad altri: “I compiti dei figli, la pulizia di casa,
l'assistenza agli anziani della famiglia... L'allontanamento del
lavoratore domestico ha insomma reso la donna e la famiglia il
principale ammortizzatore sociale in un momento di crisi”.
La donna italiana come ammortizzatore sociale
Ora però si rischia di pagarne le conseguenze: “La donna italiana ha
subito maggiormente il peso di questa pandemia. E proprio le donne
stanno trovando maggiore difficoltà a ripartire, tornando a delegare ad
altri compiti di cui si sono fatte carico in questi mesi. Tra questi, i
compiti del lavoratore domestico”. Ed è questo il motivo per cui
Gasparrini ipotizza che “molti lavoratori domestici faticheranno a
riprendere la propria attività. Parliamo di quelli con un contratto che è
stato interrotto, ma molto più drammaticamente di quelli che lavoravano
in nero. Per loro, la situazione è drammatica e non credo che si possa
immaginare una ripresa prima di settembre. Le famiglie italiane sono in
difficoltà – ricorda – e la cassa integrazione è in ritardo: il lavoro
domestico è una delle prime spese da risparmiare, soprattutto con il
periodo estivo”.
Il bonus solo un primo passo
Per fortuna il governo ha aperto gli occhi e dato una risposta, seppur
parziale. “Come parti sociali, ci siamo attivati fin da subito per
chiedere con forza il riconoscimento di questi lavoratori. Ci siamo
trovati davanti due azioni differenti: da un lato le regioni più
meritorie, prima la Sardegna e poi il Lazio, che hanno riconosciuto fino
a 600 euro di indennità in caso di diminuzione dell'attività
lavorativa. Dall'altra parte il governo che, dopo numerosi suggerimenti,
ha riconosciuto un'indennità di 500 euro per aprile e 500 per maggio,
ma solo a chi lavora più di 10 ore e non a chi convive con la famiglia. È
un primo segnale importante e come tale lo accogliamo, ma molto c'è
ancora da fare. Ed è il motivo per cui abbiamo chiesto di partecipare
agli Stati generali”. C'è poi un'altra questione: la cosiddetta
sanatoria, che però “comporta spese notevoli per la famiglia, costretta a
fare un versamento iniziale di 500 euro e a recuperare i contributi non
versati. Anche in questo caso, un passo importante, ma è soltanto
l'inizio”.
In fila alla Caritas, o nelle mani della malavita
Intanto, cosa ne è di chi ha perso il lavoro? “La situazione è molto
difficile, soprattutto per gli irregolari. Non dimentichiamo che il
lavoro domestico è in gran parte irregolare: al sud il 'nero' raggiunge
il 75%. Siamo di fronte a un esercito di persone che in questo momento
non hanno nulla e non sanno come far mangiare i propri figli: sono
soprattutto donne e per lo più straniere. Vanno a fare la fila fuori
dalle parrocchie o presso le associazioni solidali per avere la spesa.
Ma il rischio è che, specialmente se la crisi perdura, finiscano
facilmente nelle mani della malavita. Per questo continueremo a chiedere
riconoscimento e regolarizzazione per questi lavoratori. E
un'attenzione che finora è stata del tutto inadeguata”.
Fonte: Superabile INAIL