Nel maggio 2007 la Commissione Europea aveva chiesto all'Italia di ridurre il proprio piano di allocazione di 13,2 milioni di tonnellate. A mesi di distanza, il Governo non ha ancora presentato un nuovo piano di allocazione per la seconda fase. Nel luglio Greenpeace, Legambiente e WWF, in una lettera inviata ai Ministri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico, avevano proposto alcune soluzioni per recuperare le quote mancanti senza vanificare il principio fondamentale della direttiva "chi inquina paga". In particolare le associazioni chiedevano di fare ricadere sul carbone, il combustibile maggiormente responsabile dell'effetto serra, i tagli richiesti dalla Commissione.

Oggi il Governo intende aggirare l'ostacolo: anziché penalizzare gli impianti più inquinanti, il taglio richiesto dalla Commissione verrà raggiunto cancellando le quote destinate agli impianti che entreranno in funzione dopo il 2008 (la cosiddetta "riserva"), quote che verranno acquistate in futuro attraverso soldi pubblici con un fondo apposito previsto dalla Legge Finanziaria.

Per le associazioni ambientaliste: 

1) non è accettabile che si voglia penalizzare il Paese, in particolare le nuove centrali a gas naturali, per mantenere i privilegi della generazione a carbone e che le decisioni del Ministero dello Sviluppo Economico siano pilotate dagli interessi di ENEL a discapito dei consumatori e dei concorrenti del mercato elettrico che si stanno orientando su fonti energetiche più pulite 
2) è inaccettabile che i cittadini paghino con risorse pubbliche, in Finanziaria, quello che la direttiva europea chiede siano le imprese a pagare. Se questo avviene è palese la violazione della normativa sugli aiuti di Stato.

Se si pensa di scaricare sulla collettività i costi della riserva perché si vuole perseverare ad incentivare il carbone, il ricorso da parte di Greenpeace, Legambiente e WWF in Commissione europea in merito alla violazione degli aiuti di Stato sarà un passo inevitabile.

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