Nei
giorni scorsi, rispondendo ad una specifica istanza di interpello (n.
79/2018) l'Agenzia delle Entrate è tornata ad occuparsi dei
requisiti posti dalla legge ai fini dell'assoggettabilità ad Iva di
una determinata operazione. Vale la pena soffermarsi brevemente su
questa presa di posizione in quanto di estremo interesse per gli enti
del Terzo Settore.
Affinchè
un'operazione (cessione di beni o prestazione di servizi) possa
rientrare nell'ambito applicativo dell'Iva, occorre verificare se
sussistono congiuntamente i presupposti soggettivo, oggettivo e
territoriale: il principio - dettato dall'art. 1 del Testo Unico
dell'Iva – ha posto in passato più di una questione
interpretativa, via via risolta dalla stessa Amministrazione fiscale
e dalla giurisprudenza.
In
particolare, relativamente al requisito “soggettivo”, ai sensi
dell'art. 4, quarto comma, del Dpr 633/72 per gli enti pubblici e
privati “che non abbiano per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciali (...), si considerano
effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e
le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività
commerciali (...)”.
A
questo punto ci si deve chiedere cosa si intende per attività
commerciale”: si ritiene tale – ha precisato l'Agenzia delle
Entrate – l'attività caratterizzata da determinati elementi quali
l’abitualità, la professionalità, la sistematicità e, in
particolare, la sussistenza di un’organizzazione d’impresa. Sotto
quest'ultimo profilo, è opportuno ricordare che l'attività risulta
organizzata in forma d’impresa quando implica la predisposizione di
un’apposita organizzazione di mezzi e di risorse funzionali al
conseguimento di un risultato economico rilevante e avente una certa
stabilità. Da non trascurare, infine, la verifica del carattere
oneroso dell'operazione.