L'operazione del Nucleo Investigativo Telematico, denominata "Video prive'", era scaturita da una serie di dettagliate denunce presentate dall'Associazione Telefono Arcobaleno, aveva riguardato uno strato profondo della rete cui erano in grado di accedere soltanto gli utenti ben inseriti nei sodalizi internazionali di promozione e scambio della pedofilia.
L'indagine aveva avuto a oggetto un sito internet italiano che generava centinaia di contatti giornalieri da tutto il mondo, al quale era possibile accedere soltanto da parte degli utenti in possesso della password. Con la sentenza odierna il Tribunale ha anche disposto la vendita del computer sequestrato al prelato, la distruzione delle immagini pedopornografiche che erano state rinvenute presso l'abitazione del prelato stesso. Il Giudice Stefania Scarlata della sezione penale di Siracusa ha ritenuto vera la ricostruzione dei fatti operata dall'accusa del Procuratore aggiunto Toscano e del Procuratore Nicastro, a seguito di un indagine del Nucleo Investigativo Telematico su denuncia di Telefono Arcobaleno.
A conclusione del dibattimento la Pubblica Accusa ha chiesto e ottenuto per il prelato un anno e mezzo di reclusione e duemila euro di risarcimento.
Giovanni Arena, Presidente di Telefono Arcobaleno, l'Associazione da undici anni in prima linea contro ogni forma di abuso sull'infanzia, parte civile al processo, sottolinea "non è sufficiente che la Chiesa risarcisca materialmente il danno delle vittime, come è successo e succede, se colui che ha commesso quello che è un crimine contro l'umanità, continua a praticare il proprio ufficio sacerdotale tra la gente." "In Italia, continua Giovanni Arena, "sono diversi i casi di sacerdoti condannati o in attesa di giudizio, da undici anni lottiamo per far emergere i casi di abuso sull'infanzia, ci confrontiamo quotidianamente con il sommerso e con la diffidenza delle vittime o di coloro che vorrebbero ma non denunciano, andiamo nelle scuole a parlare di diritto e di giustizia a bambini, lottiamo per il rispetto dei loro diritti come riconosciuti dalla Convenzione ONU che si ricorderà il prossimo 20 novembre".
Il tanto atteso giro di vite contro la pedopornografia online è arrivato: oggi è reato non solo inserire immagini pedofile online ma anche il collegamento a pagamento a siti ospitanti immagini pornografiche di minori. Lo ha confermato martedì scorso, la Terza Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza con la sentenza 41570.
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