L’esilio fu percepito da Dante Alighieri come una sventura che lo allontanava dalla possibilità dell’impegno politico diretto nella vita del suo tempo. Ma quello scacco aprì la sua vita a un’occasione di generatività perfino superiore: la redazione di un’opera che avrebbe ispirato tutte le generazioni a venire. (Scopri di più su:
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Si attribuisce ad Alexander Fleming nel 1929 la scoperta della penicillina, scoperta che pose le premesse per il suo utilizzo industriale nel secondo dopoguerra del Novecento e la nascita di una nuova generazione di farmaci per curare le infezioni di cui avrebbe beneficiato tutta l’umanità a venire. Come accade sovente nel progresso scientifico, quella scoperta sarebbe stata un mattone "generativo" su cui altri avrebbero potuto costruire per arrivare a nuovi avanzamenti delle conoscenze.
Immagino che Dante e Fleming abbiano perseguito il loro obiettivo con grande determinazione, anche se in mezzo a fatiche, difficoltà e dubbi che la loro opera non avrebbe avuto l’impatto desiderato. E che una forza misteriosa interiore li spingesse avanti, motivasse fatica e sforzo e li aiutasse a superare le loro perplessità. E così è certamente accaduto per santi e fondatori di ordini religiosi o di opere laiche che hanno realizzato effetti perduranti nel tempo.
Quella forza interiore, di cui probabilmente non erano appieno consapevoli, era il dividendo nascosto della generatività. Possiamo definire una generatività di primo e di secondo ordine. La generatività di primo ordine può essere intesa come capacità di incidere positivamente nelle vite altrui. Quella di secondo ordine consiste invece nel formare, incidere, influire nella vita di persone che a loro volta potranno incidere positivamente nelle vite di altri.
Per Erik Erikson generatività è desiderare, far nascere, accompagnare, lasciar andare. John S. Mill ha coniato una delle più belle definizioni di soddisfazione di vita come effetto indiretto di una vita ben spesa nella logica della generatività: non siamo felici se cerchiamo la nostra felicità di per sé, ma se facciamo qualcosa di qualche utilità per altri (arte, scienza, filantropia) troviamo la nostra felicità lungo la strada. E la generatività biologica, sociale, politica e spirituale sono collegate. Dietro i risultati empirici degli studi sulla soddisfazione di vita (che hanno ormai al loro attivo stime su milioni e milioni di dati) emerge che la generatività nelle diverse forme è una componente principale della soddisfazione di vita. E la molla che spinge avanti cultura, scienza, politica e ovviamente anche demografia.
Senza un’idea di futuro, che va oltre la mera riproduzione biologica (un progetto generativo di vita e un gusto per la generatività) non c’è neanche la generatività biologica. Il gusto per la generatività può essere alla base della ripresa dello spirito imprenditoriale nel nostro Paese e della capacità dei nostri giovani di trovare un buon lavoro. Al termine di un recente incontro con studiosi di diverse discipline su giovani e lavoro, c’è stata una sorprendente convergenza sul fatto che l’elemento più importante per combattere la disoccupazione giovanile è proprio il desiderare (il primo verbo eriksoniano della generatività). E l’aspetto più preoccupante per un giovane oggi è 'essere sdraiato' e non desiderare. Solo un desiderio forte può infatti mettere in moto e motivare lo sforzo per risalire la scala del talento investendo con forza ed energia in una dimensione vocazionale e professionale. E senza quello sforzo e quelle energie non si sviluppano competenze e si finisce risucchiati nel gorgo della competizione a bassa qualifica o con le macchine. Il quarto verbo eriksoniano della generatività – lasciare andare – è il meno ovvio, ma anche il più interessante. Molte esperienze si fermano all’ultimo miglio perché il geniale fondatore è geloso della sua opera e non sa lasciarla andare.
Così accade a chi crea un’Organizzazione a movente ideale e non prepara la sua successione. Come anche al fondatore di un’impresa familiare che non riesce ad arrivare alla seconda generazione. La generatività si declina ovviamente anche in politica (a proposito di queste settimane di campagna elettorale...) e sta non tanto nel riuscire a occupare una poltrona, ma nel mettere in moto da quella poltrona un processo di cambiamento che segna un reale progresso nella vita sociale ed economica di un Paese. È il famoso concetto del 'tempo superiore allo spazio' caro a papa Francesco nella Evangelii gaudium, che non è altro che la declinazione del concetto di generatività in politica. La nostra società deve riscoprire il gusto della generatività se vogliamo sfuggire al declino sociale ed economico e avere individualmente una vita piena e ricca di senso. La riscoperta del gusto per la generatività seppellita dalla polvere e dalla spazzatura culturale dei nostri tempi può porre le basi per la rinascita demografica, sociale, culturale, economica e spirituale dell’Italia.