Il welfare non è più solo quello creato dallo Stato, e ormai non basta più nemmeno quello garantito dalla famiglia che molto spesso neanche esiste. (Scopri di più su: OsservatorioSocialis.it)

“La crisi del welfare state – spiega Lorenzo Arletti (Università di Bologna),vincitore del XV Premio Socialis – la riduzione della spesa pubblica, la mancanza di risorse dell’apparato pubblico in concomitanza con l’emergere di nuovi rischi sociali hanno posto l’attenzione sulla necessità di individuare nuove risorse all’interno di quello che oggi è definito ‘secondo welfare’, con riferimento a quelle esperienze che trovano le loro origini nel ‘primo welfare’ (quello statale), ma che non vogliono in alcun modo sostituirlo, ma invece intendono integrarlo. In questa prospettiva, tra i protagonisti delle esperienze rientranti nell’accezione di secondo welfare ci sono le aziende”.

Se è vero che le grandi aziende e multinazionali riescono ad avere i numeri per la creazione di interventi di welfare, cosa accade alle piccole e medie imprese che – ricordiamolo – rappresentano oltre l’80% del tessuto imprenditoriale italiano?

Arletti ha indagato questo tema nella tesi di laurea magistrale “Le reti territoriali d’impresa come vettori per la costruzione di un nuovo modello di welfare: una ricerca empirica in Emilia-Romagna e Veneto” nella quale ha analizzato due casi: la rete Giano di Correggio, in Emilia-Romagna – formalizzata nel 2016 – e la rete WelfareNet attiva nelle province di Padova e Rovigo dalla primavera 2014 alla primavera 2015 (da notare che con lo scopo di fare sintesi di quanto attuato da questa esperienza e congiuntamente alle novità legislative giunte a partire dalla legge di stabilità 2016, è ora in programma la nascita del progetto “WelfareNet – Reti in rete” in Veneto, per la costituzione di una rete regionale di servizi di welfare).

“Una strategia intrapresa dalle piccole e medie imprese sembra risiedere nella costituzione di reti territoriali per la realizzazione e implementazione di dispositivi di welfare – sottolinea Arletti – L’effetto è una maggiore attenzione alla tipologia di governance e il territorio. Inoltre fondamentale risulta il ruolo di soggetti catalizzatori come ad esempio, nei casi analizzati, il ruolo di Unindustria Reggio Emilia e l’Ente Bilaterale Veneto.

In termini di governance vediamo che sono reti che sembrano dotarsi di una cabina di regia, differenziandosi tra modalità formalizzate e di lungo periodo e modalità meno vincolanti e senza specifiche prospettive temporali, quali per esempio partnership e altre forme di collaborazione ‘informali’.

Il territorio – conclude Arletti – sarà sempre più centrale nelle dinamiche di welfare e, in particolare, sarà necessario pensarlo come spazio per una governance multistakeholder, dove le imprese possano fungere da punti di partenza per un modello di welfare in grado di generare benessere oltre le proprie mura, spostando il focus da una concezione di territorio come spazio fisico – spaziale, delimitato a livello politico-amministrativo, a quella di territorio come ‘bene comune’, ossia come insieme di risorse, relazioni, conoscenze e idee”.

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